Il volantino dice, in cinque lingue diverse tra cui l’italiano: Giornalmente, dall’alba al tramonto, vieni e divertiti con le bellezze naturali dei tropici di Rio de Janeiro, a bordo di un deltaplano con un pilota professionista, abilitato dall’associazione Brasiliana di Deltaplano, con più di 20 anni di esperienza internazionale. Opzionals: Foto e DVD video durante il volo e trasporto dall’ hotel. Non richiede esperienza. Dopo averci pensato su qualche giorno e chiesto i prezzi, ho deciso che non potevo farmi sfuggire quest’occasione, così ne ho parlato con la recepcionista dell’ostello e mi ha prenotato. Il cielo è limpido ed è una magnifica giornata, sono anche fortunato. Anche Timoteo, un altro ragazzo brasiliano che stà in camerata con me ha intenzione di farlo. Passa un ragazzo a prenderci, poco prima di mezzogiorno, con un pick-up verde militare con le panche in legno sui lati del cassone, dove ci accomodiamo. Raggiungiamo una spiaggia più a sud di Rio, spiaggia di Sao Conrado, conosciuta anche come spiaggia do pepino, dove c’è la pista d’atterraggio dei deltaplani e circa ogni dieci minuti ne atterra uno, viene portato fuori dalla pista e smontato per esser portato sulla “Pedra Bonita” da dove decollano. Io e Timoteo aspettiamo che atterri Claus, il nostro pilota, che è in volo con un altro cliente. Quando atterra facciamo conoscenza poi con il suo nuovo SUV saliamo fin sulla Pedra Bonita, che fa parte del Parco di Tijuca, e dove c’è una rampa per i deltaplani e poco più giù uno spiazzo da dove decollano i parapendii. Claus ci spiega le poche cose che dobbiamo fare ed il primo a volare è Timoteo, io aspetto quasi un ora che Claus torni a salire. Guardo decollare altri deltaplani e parapendii, passeggio tra gli alberi e tra i tanti curiosi, aspiranti piloti, aiutanti e altre facce che aspettano di volare. Finalmente arriva il mio turno, mi metto l’imbragatura, legata anche ai polpacci tramite due gambali, indosso il casco, e poi facciamo una prova del lancio, che consiste nel correre di fianco a Claus con la mia mano sinistra sulla sua spalla sinistra e la mia mano destra tiene la bretella sinistra dell’imbragatura. Mi assicura al deltaplano con un moschettone, si assicura lui, e quindi siamo pronti a decollare. Cominciamo a correre sulla rampa, poi finisce e via, un tuffo nel vuoto sorretti dalle ali di quel grande aquilone. La sensazione è fantastica, si vola dolcemente, si plana senza l’ausilio di nessun mezzo se non di una tela sintetica, un telaio di alluminio governato dal peso del pilota con una barra. La vista è stupenda, l’oceano azzurro, la spiaggia bianca, la foresta verde, automobili e autobus, palazzi e grattacieli colorati, l’aria in faccia come se stessi andando in discesa con una bicicletta. Ogni tanto ci mettiamo in posa per una fotografia, con la macchina fotografica, di fianco alla videocamera, piazzata sull’ala destra del velivolo. Quando stiamo per atterrare mi slaccia i gambali e la mia posizione passa da orizzontale a verticale, lo stesso vale per lui. Arriviamo a pochi centimetri dalla sabbia della spiaggia poi posiamo i piedi e cominciamo una breve corsa fino a fermarci. Mi sgancio dal deltaplano, raggiungo Timoteo e mentre aspettiamo che l’aiutante di Claus venga a prenderlo e recuperare il mio zainetto, ci ordiniamo un panino e una birretta. Finito di mangiare e recuperato le mie cose e il DVD, salutiamo il mitico Claus poi lo stesso ragazzo dell’andata, con il suo pick-up verde, ci riaccompagna al Alpha Hostel a Botafogo. Fantastica esperienza.
Questo è un diario di viaggio, senza presunzioni.
Cronache, racconti, appunti, memorie delle mie avventure, a volte con frasi prese in prestito da libri, riviste, giornali o copia-incolla da siti internet.
Continuavo a considerare me stesso normale e folle il resto del mondo, tuttavia con mia grande costernazione a poco a poco mi resi conto che i miei amici pensavano esattamente il contrario. Eppure non mi sentivo turbato da particolari demoni interiori. Conoscevo la verità: il mondo -il nostro mondo occidentale- era folle. Non riuscivo a entusiasmarmi pensando alla carriera o alla pensione. Avevo bisogno di una scintilla capace di accendermi, di uno scopo, di un ideale per cui battermi. Attorno a me vedevo una società che aveva smarrito il senso dell' interesse collettivo, della comunità. Dove il futuro non andava oltre i bilanci per l' anno successivo. Una società "innaturale", nel senso letterale del termine: dove i bambini crescevano senza essersi mai arrampicati su un albero e incapaci di riconoscere le costellazioni. Una società materialista che aveva perduto la percezione della gioia di essere vivi, e l' aveva rimpiazzata con armadi modulari dell' IKEA. Era un mondo incasinato, in cui non riuscivo a trovare né uno scopo, né uno spazio. "Mark Mann" -Sul Gringo Trail-
Da dove mi visitate
"Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l'altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone? Come si può uccidere un ritmo, una ballata, uno stornello?" DarioFO