Con Timoteo prendiamo un autobus per il centro e scendiamo a Praça XV, dove poco lontano c’è il molo dei traghetti per Niterói, il molo sembra più una stazione della metropolitana, si comprano i biglietti, si passa attraverso i tornelli e poi si aspetta che arrivi il traghetto in una sala con delle porte scorrevoli in vetro. Quando tutta la gente è scesa si aprono le porte e raggiungiamo il traghetto. La traversata non è molto lunga. Dal traghetto si ha una bella prospettiva della baia e una vista particolare (dal mare) del centro e dello sfondo di Rio. Niterói è l’unica città brasiliana fondata da un indio nel 1573 con il nome di São Lourenço dos Indios. Nel 1819, il villaggio venne riconosciuto come tale dal governo centrale, e ricevette il nuovo nome di "Vila Real da Praia Grande", il quale occupava solo l'area dell'attuale centro città. Il nome venne ufficialmente cambiato in "Niterói" nel 1835 e in quella occasione venne elevata alla categoria di città (Nictheroi significa "acque nascoste" in linguaggio Tupi ). Agli inizi del XX secolo, la città iniziò la sua espansione industriale. Tra il 1834e il 1975 lo stato di Rio de Janeiro venne diviso in due stati: Rio de Janeiro e Guanabara (Distretto Federale), dove si trovava la capitale nazionale e Niterói servì come capitale dello stato di Rio de Janeiro. Il 15 marzo 1975 Niterói venne riunita allo stato di Guanabara. Il traghetto sbarca in una zona commerciale non particolarmente interessante, poco distante dal terminal degli autobus, che raggiungiamo in pochi minuti a piedi e dove prendiamo il 57B per andare al Museo di Arte Contemporanea, considerato il punto di riferimento della città, venne progettato dal famoso architetto brasiliano modernista Oscar Niemeyer costruito su una roccia a picco sul mare della baia di Guanabara con l’insolita forma di disco volante. Il museo è chiuso perché stanno allestendo una nuova mostra, ma per la vista dal promontorio e il paesaggio vale la pena arrivare fino a qui. Dopo qualche foto prendiamo nuovamente il 57B e ritorniamo al terminal degli autobus e saliamo sul 39 per andare alla spiaggia di Piratininga. Dopo 50 minuti di strada arriviamo, non c’è il trambusto delle spiagge di Rio, poca gente, tranquillità, si starebbe bene con una bella ragazza. La spiaggia è divisa in due, nella spiaggia grande il mare è agitato e adatto al surf, nella spiaggia piccola invece è tranquillo e perfetto per un bagnetto. Tra le due spiagge c’è una piccola baracca che prepara da mangiare e così pranziamo lì, con una corvina fritta, riso, patate fritte e insalata, il tutto accompagnato con una Skol. Da sopra le rocce che dividono le due spiagge c’è un ottima vista della baia e delle colline che la circondano. Dopo altri 50 minuti sul 39 ritorniamo a Niterói, e dal terminal prendiamo l’autobus per Rio, collegato a Niterói da un grande ponte, oltre che dai traghetti. Il ponte è stato inaugurato nel ’74 con un estensione totale di 13,29 km e 72 m d’altezza nel suo punto più alto. C’è tanto traffico e ci impieghiamo tanto tempo, ma l’autobus ci lascia a Botafogo, praticamente di fronte all’ostello.
La notte esco con una ragazza bulgara, una ragazza olandese e un suo amico brasiliano, andiamo nel quartiere di Lapa, dove ci sono tantissimi locali, musica in strada di tutti i tipi. E' pieno di gente, bevo tante latine di birra e qualche caipirinha. Balliamo e conosciamo altra gente. Rientriamo in ostello in bus poco prima delle 5 del mattino.
Questo è un diario di viaggio, senza presunzioni.
Cronache, racconti, appunti, memorie delle mie avventure, a volte con frasi prese in prestito da libri, riviste, giornali o copia-incolla da siti internet.
Continuavo a considerare me stesso normale e folle il resto del mondo, tuttavia con mia grande costernazione a poco a poco mi resi conto che i miei amici pensavano esattamente il contrario. Eppure non mi sentivo turbato da particolari demoni interiori. Conoscevo la verità: il mondo -il nostro mondo occidentale- era folle. Non riuscivo a entusiasmarmi pensando alla carriera o alla pensione. Avevo bisogno di una scintilla capace di accendermi, di uno scopo, di un ideale per cui battermi. Attorno a me vedevo una società che aveva smarrito il senso dell' interesse collettivo, della comunità. Dove il futuro non andava oltre i bilanci per l' anno successivo. Una società "innaturale", nel senso letterale del termine: dove i bambini crescevano senza essersi mai arrampicati su un albero e incapaci di riconoscere le costellazioni. Una società materialista che aveva perduto la percezione della gioia di essere vivi, e l' aveva rimpiazzata con armadi modulari dell' IKEA. Era un mondo incasinato, in cui non riuscivo a trovare né uno scopo, né uno spazio. "Mark Mann" -Sul Gringo Trail-
Da dove mi visitate
"Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l'altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone? Come si può uccidere un ritmo, una ballata, uno stornello?" DarioFO