Ormai sono a San Paolo, in Brasile già da una settimana, mi sono fermato così tanto perché dovevo sfebbrare, e non avevo voglia di mettermi in viaggio. L’idea iniziale era di fermarmi solo due o tre giorni poi dirigermi a Rio de Janeiro, ma la febbre e un inizio di bronchite prese in Italia al rientro dal viaggio in Egitto, l’International hostel con la sua megacolazione e il personale molto accogliente e la curiosità di vedere un po’ di questa immensa megalopoli, mi hanno convinto a rimanere qualche giorno in più a riposare e passeggiare per la città. Ho visitato poco, in effetti San Paolo non offre grandi o interessanti attrattive, ma sensazioni controverse. È piena di grattacieli, il traffico è ben regolato (a differenza de Il Cairo, dove praticamente non esiste un codice stradale e la precedenza ce l’ha chi se la prende, dove i pedoni sono solo fastidiosi insetti che attraversano, senza averne diritto, la strada). È una città moderna di stampo occidentale, con tanti ristoranti, pizzerie, mc donald’s, centri commerciali, semafori, cavalcavia, sottopassaggi, treni, autobus, tram, chiese, piazze, pochi musei, una spruzzatina di piccoli parchi, hotel, birrerie, moto, automobili, barboni di ogni età che dormono per la strada nell’indifferenza della gente che va a scuola o lavora. In centro c’è un centro commerciale con tantissimi laboratori di tatuatori, negozi di Cd e magliette di gruppi rock, piercing, attrezzatura e colori per tatuatori, e il venerdì e sabato si è riempito di punk e metallari, non soltanto all’interno ma anche nelle vicine strade e nella piazzetta di fronte. Invece, la strada che da piazza della repubblica porta all’ostello dove alloggio, la notte si riempie di gay, lesbiche ed eccentrici personaggi.
Questo è un diario di viaggio, senza presunzioni.
Cronache, racconti, appunti, memorie delle mie avventure, a volte con frasi prese in prestito da libri, riviste, giornali o copia-incolla da siti internet.
Continuavo a considerare me stesso normale e folle il resto del mondo, tuttavia con mia grande costernazione a poco a poco mi resi conto che i miei amici pensavano esattamente il contrario. Eppure non mi sentivo turbato da particolari demoni interiori. Conoscevo la verità: il mondo -il nostro mondo occidentale- era folle. Non riuscivo a entusiasmarmi pensando alla carriera o alla pensione. Avevo bisogno di una scintilla capace di accendermi, di uno scopo, di un ideale per cui battermi. Attorno a me vedevo una società che aveva smarrito il senso dell' interesse collettivo, della comunità. Dove il futuro non andava oltre i bilanci per l' anno successivo. Una società "innaturale", nel senso letterale del termine: dove i bambini crescevano senza essersi mai arrampicati su un albero e incapaci di riconoscere le costellazioni. Una società materialista che aveva perduto la percezione della gioia di essere vivi, e l' aveva rimpiazzata con armadi modulari dell' IKEA. Era un mondo incasinato, in cui non riuscivo a trovare né uno scopo, né uno spazio. "Mark Mann" -Sul Gringo Trail-
Da dove mi visitate
"Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l'altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone? Come si può uccidere un ritmo, una ballata, uno stornello?" DarioFO