Il 15, esco dall' hotel di Caracas verso mezzogiorno, poco dopo mi fermano due poliziotti, abbastanza arroganti, mi chiedono i documenti e mi controllano tutto lo zaino piccolo, minuziosamente, le tasche, il portafogli e il biglietto aereo. Per fortuna lo zaino grande me lo fanno solo aprire e dopo mezz' ora mi lasciano andare. Il caldo e il peso degli zaini sono opprimenti. Cammino fino alla metro, pienissima di gente, ma tanto dopo due fermate devo scendere, cammino per 10 minuti e vado alla stazione degli autobus per l' aeroporto. Dopo una ventina di minuti si parte, c'è molto traffico ed arrivo dopo un' oretta all' aeroporto internazionale, telefono a casa e a Gianina, poi aspetto, buttato in un angolo, fino le sei, vado al check-in, poi a pagare le tasse d' uscita, entro nella zona d' imbarco, e poco dopo salgo sull' aereo. Parte verso le 20-45, il volo è tranquillo, atterra alle 11-15 del 16 a Madrid, dopo 8 ore e mezzo. Alle 2-20 parto alla volta di Milano, dove arrivo alle 4 e qualcosa, aspetto i bagagli poi esco dall' aeroporto e con l' autobus arrivo in poco più di un ora alla stazione centrale e alle 6-20 parte il treno per Reggio Emilia, arrivo alle 8 e viene a prendermi mio cugino Omar. Andiamo a comprare la pizza e la mangiamo a casa sua, dopo varie telefonate ai parenti, mi accompagna a casa. Sono contento e triste allo stesso tempo, non mi sembra esser stato via sette mesi, è come se fossi stato via qualche settimana e mi rendo conto, quando sono solo in casa, che Gianina adesso è veramente lontana.
Questo è un diario di viaggio, senza presunzioni.
Cronache, racconti, appunti, memorie delle mie avventure, a volte con frasi prese in prestito da libri, riviste, giornali o copia-incolla da siti internet.
Continuavo a considerare me stesso normale e folle il resto del mondo, tuttavia con mia grande costernazione a poco a poco mi resi conto che i miei amici pensavano esattamente il contrario. Eppure non mi sentivo turbato da particolari demoni interiori. Conoscevo la verità: il mondo -il nostro mondo occidentale- era folle. Non riuscivo a entusiasmarmi pensando alla carriera o alla pensione. Avevo bisogno di una scintilla capace di accendermi, di uno scopo, di un ideale per cui battermi. Attorno a me vedevo una società che aveva smarrito il senso dell' interesse collettivo, della comunità. Dove il futuro non andava oltre i bilanci per l' anno successivo. Una società "innaturale", nel senso letterale del termine: dove i bambini crescevano senza essersi mai arrampicati su un albero e incapaci di riconoscere le costellazioni. Una società materialista che aveva perduto la percezione della gioia di essere vivi, e l' aveva rimpiazzata con armadi modulari dell' IKEA. Era un mondo incasinato, in cui non riuscivo a trovare né uno scopo, né uno spazio. "Mark Mann" -Sul Gringo Trail-
Da dove mi visitate
"Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l'altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone? Come si può uccidere un ritmo, una ballata, uno stornello?" DarioFO