Al porto di Buenos Aires mi timbrano il passaporto, seduti uno di fianco all' altro, gli ufficiali, prima l'uscita dall' Argentina, e poi l'ingresso in Uruguay. Con un traghetto, della compagnia "BuqueBus", si attraversa il rio della Plata e dopo un ora si arriva a Colonia, prima città, fondata dai portoghesi, dell' Uruguay. Una visita veloce al centro antico, salgo sul faro per vederla dall' alto. Si visita in fretta e così, poco dopo sono sull' autobus che mi porta a Montevideo. Mi sistemo in una squallida pensione in centro, sporca e rumorosa, ma il gestore è cordiale e premuroso. Faccio una lunga camminata notturna per la Ciudad Vieja, la città vecchia, il primo insediamento spagnolo in risposta a Colonia, il centro è pieno di birrerie, ristoranti e pizzerie, è sabato sera e per le strade c'è tanta gente, poi mi infilo nelle strette vie che vanno verso il porto e qui non si vede anima viva, fino ad arrivare ad un molo dove qualcuno cerca di pescare. Il giorno seguente, dopo una breve visita a plaza indipendencia, la piazza più grande della città con al centro una statua e il mausoleo dell' eroe nazionale Artigas, prendo un autobus per Punta dell Este, una delle località balneari più famose del continente. Belle spiagge, tanto vento, e una bella scultura che raffigura la mano di un gigante che esce dalla sabbia. La sera, rientrato a Montevideo mi sistemo in un bell' ostello, molto più accogliente e vivo della pensione della notte prima. Da Montevideo a Colonia, poi di nuovo in traghetto a Buenos Aires.
Questo è un diario di viaggio, senza presunzioni.
Cronache, racconti, appunti, memorie delle mie avventure, a volte con frasi prese in prestito da libri, riviste, giornali o copia-incolla da siti internet.
Continuavo a considerare me stesso normale e folle il resto del mondo, tuttavia con mia grande costernazione a poco a poco mi resi conto che i miei amici pensavano esattamente il contrario. Eppure non mi sentivo turbato da particolari demoni interiori. Conoscevo la verità: il mondo -il nostro mondo occidentale- era folle. Non riuscivo a entusiasmarmi pensando alla carriera o alla pensione. Avevo bisogno di una scintilla capace di accendermi, di uno scopo, di un ideale per cui battermi. Attorno a me vedevo una società che aveva smarrito il senso dell' interesse collettivo, della comunità. Dove il futuro non andava oltre i bilanci per l' anno successivo. Una società "innaturale", nel senso letterale del termine: dove i bambini crescevano senza essersi mai arrampicati su un albero e incapaci di riconoscere le costellazioni. Una società materialista che aveva perduto la percezione della gioia di essere vivi, e l' aveva rimpiazzata con armadi modulari dell' IKEA. Era un mondo incasinato, in cui non riuscivo a trovare né uno scopo, né uno spazio. "Mark Mann" -Sul Gringo Trail-
Da dove mi visitate
"Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l'altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone? Come si può uccidere un ritmo, una ballata, uno stornello?" DarioFO