L' arrivo a Guayaquill é traumatico e caotico come la prima volta, il pulman mi lascia a circa un chilometro dal terminal provisorio, per via dei lavori di costruzione del nuovo terminal, cammino con lo zaino in spalla fino a la e dopo 10 minuti sonosu un altro autobus diretto alla frontiera con il perú di Huanquillas - Aguas Verdes, un unica cittadina ma dalla parte del Ecuador si chiama Huanquillas e dalla parte del Perú Aguas Verdes, divise solo da un fiumiciattolo e unite da un ponte. La strada é buona e dormo quasi tutto il viaggio. Verso le due mi lasciano al ufficio dell' immigrazione ecuadoreña, e in meno di cinque minuti sbrigo le formalitá per l'uscita dal paese. Fa caldo, aspetto l'autobus per percorrere i restanti tre chilometri che mancano alla cittadina-confine, peró un taxi si ferma e per un dollaro e mezzo mi porta dritto dritto fino al ponte, che devo attraversare a piedi, con tutti itragattini che mi ofrono i loro servigi, droghe e ragazze a basso costo. Passato il ponte prendo un motocarrotaxi con una vecchia signora, fino all immigrazione peruviana. Anche qui solo cinque minuti e poi sono nuovamente in strada ad aspettare un micro-bus che per 1,5 soles mi porta a Tumbes. Vado in un agenzia e compro il biglietto per Chiclayo, da dove poi prenderó il bus per Tarapoto. Sono le tre e il bus parte alle otto e mezzo, lascio lo zaino in agenzia e vado a girare per il centro della cittá, la plaza de armas con la sua cattedrale, il boulevar, alcune vie vicine e internet. Pranzo in un chifa, il classico ristorante cinese-peruano, le strade del perú sono piene di chifas. Ceno per strada con un hamburger, per la gioia del mio giá malandato stomaco, accompagnato da una coca cola e due pastiglie contro la diarrea. L' autobus é uno schifo, senza bagno, sporco, e ha molti sedili rotti e sfondati, per di piú é pieno ma per fortuna mi assicuro un posto decente. Neanche questa notte dormo, le fermate sono continue e rumorose. Arrivo a Chiclayo alle quattro del mattino. Compro il biglietto per Tarapoto che parte alle sette; fa freddo. Compro anche due "King-Kong" da un chilo e uno da mezzo; il KingKong é un dolce tipico e rinomato di Chiclayo e Lambayeque, praticamente un mattone di pastasfoglia grossa, manjar blanco e marmellata di ananas, uno ha anche marmellata d' arachidi.
Questo è un diario di viaggio, senza presunzioni.
Cronache, racconti, appunti, memorie delle mie avventure, a volte con frasi prese in prestito da libri, riviste, giornali o copia-incolla da siti internet.
Continuavo a considerare me stesso normale e folle il resto del mondo, tuttavia con mia grande costernazione a poco a poco mi resi conto che i miei amici pensavano esattamente il contrario. Eppure non mi sentivo turbato da particolari demoni interiori. Conoscevo la verità: il mondo -il nostro mondo occidentale- era folle. Non riuscivo a entusiasmarmi pensando alla carriera o alla pensione. Avevo bisogno di una scintilla capace di accendermi, di uno scopo, di un ideale per cui battermi. Attorno a me vedevo una società che aveva smarrito il senso dell' interesse collettivo, della comunità. Dove il futuro non andava oltre i bilanci per l' anno successivo. Una società "innaturale", nel senso letterale del termine: dove i bambini crescevano senza essersi mai arrampicati su un albero e incapaci di riconoscere le costellazioni. Una società materialista che aveva perduto la percezione della gioia di essere vivi, e l' aveva rimpiazzata con armadi modulari dell' IKEA. Era un mondo incasinato, in cui non riuscivo a trovare né uno scopo, né uno spazio. "Mark Mann" -Sul Gringo Trail-
Da dove mi visitate
"Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l'altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone? Come si può uccidere un ritmo, una ballata, uno stornello?" DarioFO