Ormai sono ritornato ad Iquitos giá da piú di venti giorni e la sensazione del viaggio é pallida, mi sembra di essere a casa e mi faccio fantasie sui futuri viaggi, comunque ho intenzione di mettermi in viaggio per i primi di luglio. In questi giorni non ho fatto un granché. C'é stato uno sciopero totale di tre giorni, le strade erano bloccate da pali, pneumatici in fiamme, vetri rotti, i mezzi non circolavano, l'aereoporto era occupato e non funzionava, cosi i porti e anche l'ospedale aveva interrotto l'assistenza ambulatoriale. Per le strade i bambini e i meno giovani giocavano a pallone. I locali, i negozi, i ristoranti e i casinó erano chiusi. Dopo i tre giorni c'erano cumuli di spazzatura putrescente alti un metro che son rimasti lí altri tre giorni per la gioia dei bruttissimi avvoltoi e dei cani randagi. Non sono mancati i vandali che hanno distrutto cabine telefoniche e sradicato alberi. La cittá sembrava lo scenario di un film post apocalittico. Oltre a questo ho fatto qualche escursione, qualche passeggiata per il centro, il solito cinema e qualche puntatina al casinó. Questo fine settimana c'é la festa di San Juan, a pochi chilometri da qui, raggiungibile con un bus urbano, niente di che ma almeno ci sono vari concerti di cumbia gratis e spettacoli di ballo nella piazza e tante bancarelle di prodotti tipici, giusto per non annoiarsi. Sono andato anche a visitare un villaggio sul rio Nanay, Padre Cocha, che si raggiunge con un peque peque, con mezzora di navigazione partendo dal porto di Bellavista-Nanay. É un villaggio di artigiani, lavorano la creta per fare dei vasi e delle anfore tipiche, questi ultimi tempi alcuni si stanno dedicando anche a l'artigianato da vendere ai turisti, o meglio, da vendere a chi poi lo venderá ai turisti. Da qui é possibile raggiungere i villaggi degli indios Bora, piú o meno a un ora di cammino ( non ci sono strade ma solo sentieri da queste parti) e degli Yaguas, poco piú di un ora, altrimenti una ventina di minuti in peque peque sul rio Momon. In 15 minuti si arriva anche al mariposario Pilpintuasy. In se stesso il villaggio non ha nulla di interessante, una piccola piazza con la chiesa e un monumento a Grau (il peruano del millennio), con un brutto campo da calcio tutto buche e pozzanghere di fianco, un negozio di artigianato ma é chiuso. Donne che lavano gli abiti nel fiume e qualche ragazzo pescando con le reti.
Questo è un diario di viaggio, senza presunzioni.
Cronache, racconti, appunti, memorie delle mie avventure, a volte con frasi prese in prestito da libri, riviste, giornali o copia-incolla da siti internet.
Continuavo a considerare me stesso normale e folle il resto del mondo, tuttavia con mia grande costernazione a poco a poco mi resi conto che i miei amici pensavano esattamente il contrario. Eppure non mi sentivo turbato da particolari demoni interiori. Conoscevo la verità: il mondo -il nostro mondo occidentale- era folle. Non riuscivo a entusiasmarmi pensando alla carriera o alla pensione. Avevo bisogno di una scintilla capace di accendermi, di uno scopo, di un ideale per cui battermi. Attorno a me vedevo una società che aveva smarrito il senso dell' interesse collettivo, della comunità. Dove il futuro non andava oltre i bilanci per l' anno successivo. Una società "innaturale", nel senso letterale del termine: dove i bambini crescevano senza essersi mai arrampicati su un albero e incapaci di riconoscere le costellazioni. Una società materialista che aveva perduto la percezione della gioia di essere vivi, e l' aveva rimpiazzata con armadi modulari dell' IKEA. Era un mondo incasinato, in cui non riuscivo a trovare né uno scopo, né uno spazio. "Mark Mann" -Sul Gringo Trail-
Da dove mi visitate
"Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l'altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone? Come si può uccidere un ritmo, una ballata, uno stornello?" DarioFO