Ancora tante noiose ore di autobus fino a Bogotà, dove mi fermo qualche ora per visitare il centro storico, detto “la Candelaria”, già visitato nel 2005. La capitale della Colombia si trova in un grande altopiano della cordigliera orientale delle Ande, a 2640 metri sul livello del mare, vivono circa otto milioni di abitanti ed è il principale centro industriale, commerciale e culturale del nord del sud america. È una città cosmopolita e moderna, con grandi parchi e piazze, grattacieli e larghi viali. Fu fondata il 6 agosto 1538 dal conquistador spagnolo Gonzalo Jiménez de Quesada, sul territorio abitato allora dai Muiscas, uno del popoli precolombiani più evoluti della regione. La Candelaria è ben conservata ed il centro è la grande piazza Bolivar, sede di svariate vicissitudini e tragedie, ai suoi lati ci sono, il capitolio nazionale, la cattedrale, il palazzo di giustizia e l’Edificio Lievano, sede del municipio. Poco lontano c’è il palazzo “Nariño” dove vive il presidente della repubblica e ad est lungo le strette e ripide stradine che portano verso le montagne, vi sono la maggior parte delle costruzioni coloniali più rappresentative. Vado a visitare alcuni musei, gratuiti ed interessanti, come la “casa de la moneda” ed il museo “Botero”.
Questo è un diario di viaggio, senza presunzioni.
Cronache, racconti, appunti, memorie delle mie avventure, a volte con frasi prese in prestito da libri, riviste, giornali o copia-incolla da siti internet.
Continuavo a considerare me stesso normale e folle il resto del mondo, tuttavia con mia grande costernazione a poco a poco mi resi conto che i miei amici pensavano esattamente il contrario. Eppure non mi sentivo turbato da particolari demoni interiori. Conoscevo la verità: il mondo -il nostro mondo occidentale- era folle. Non riuscivo a entusiasmarmi pensando alla carriera o alla pensione. Avevo bisogno di una scintilla capace di accendermi, di uno scopo, di un ideale per cui battermi. Attorno a me vedevo una società che aveva smarrito il senso dell' interesse collettivo, della comunità. Dove il futuro non andava oltre i bilanci per l' anno successivo. Una società "innaturale", nel senso letterale del termine: dove i bambini crescevano senza essersi mai arrampicati su un albero e incapaci di riconoscere le costellazioni. Una società materialista che aveva perduto la percezione della gioia di essere vivi, e l' aveva rimpiazzata con armadi modulari dell' IKEA. Era un mondo incasinato, in cui non riuscivo a trovare né uno scopo, né uno spazio. "Mark Mann" -Sul Gringo Trail-
Da dove mi visitate
"Mille anni fa come adesso, cantastorie e menestrelli, rocker e rapper, sono lì a cantare l'altra storia, quella che la gente vuol sentire e il palazzo vuol far sparire. Ma la musica vola. Inafferrabile e imprendibile. Come si fa a metter in gabbia una canzone? Come si può uccidere un ritmo, una ballata, uno stornello?" DarioFO