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lunedì 3 marzo 2008
*Santa Rosa
Alle 4 del mattino di sabato 23 febbraio arrivo all’isola peruviana di Santa Rosa, slego la mia amaca, riordino lo zaino, poi scendo al piano di sotto, dove mi siedo su uno sgabello aspettando di poter scendere. E ho da aspettare parecchio, tra la gente e i marinai assonnati che subito dicono che posso andar via alle sei, poi alle otto, stiamo aspettando che gli ufficiali della dogana peruviana vengano a controllare la merce, fino allora nessuno può scendere. Tutta la notte è piovuto, e anche adesso piove tanto, le gocce d’acqua sembrano secchiate. Poco prima delle otto arrivano due soldati in mimetica, gli chiedo dove posso far timbrare l’uscita dal Perù sul passaporto, m’indicano una casa dipinta di giallo e mi dicono che posso andare via. Per un attimo smette di piovere e ne approfitto, un sentiero di fango argilloso mi porta alla casa gialla, è una delle tre costruzioni in materiale nobile dell’isola, le altre sono il commissariato di polizia e dall’altro lato, lontano dal molo, una chiesa evangelista. Busso alla porta ma nessuno mi apre, aspetto sotto la piccola tettoia che mi ripara dalla pioggia. Alle 9 una bella ragazza, con dei jeans tagliati come quelli che usava la cugina di Bo &Luke, nel telefilm Hazard, apre la porta e mi fa entrare, gentilissima mi dice di aspettare un momento e poi mi timbra il passaporto. Smette di piovere e vado alla riva del fiume dove salgo su una barchetta che mi porta a Leticia in 10 minuti, fermandosi prima al molo di Tabatinga a far scendere due signori. Cammino un po’ per le strade di Leticia, molto più moderna, con semafori agli incroci, mototaxi, banche con bancomat e internet point. Cerco similitudini con Iquitos, ma non ne trovo tante, le case e l’architettura in generale sono diverse, anche le facce della gente. Dopo aver prelevato contanti da un bancomat, con un mototaxi, che qui sono moto e non motocarri e caricano solo una persona, mi dirigo all’aeroporto per timbrare l’entrata in Colombia sul passaporto e chiedere informazioni sui voli per Bogotà. Vado subito all’ufficio immigrazione e sbrigo tutto molto in fretta, però mi dicono che per i voli è meglio andare nelle agenzie del centro perché qui aprono solo quando ci sono voli. Così m’incammino nuovamente per il centro, fino a che non incrocio un mototaxi che mi porta dritto fino agli uffici e biglietteria d’Aerorepublica. Volendo posso partire oggi pomeriggio, ma partendo lunedì risparmio parecchio, così decido di star qui, alla triplice frontiera, fino al 25. Decido di passare le notti a Santa Rosa, molto più tranquilla ed economica di Leticia o Tabatinga, anche se le pensioni sono molto spartane, devo dormire sotto una zanzariera per evitare che mi mangino le zanzare e la corrente elettrica c’è solo per quattro ore, dalle sei alle dieci di notte. Così, anche se ufficialmente sono uscito dal Perù, passo altri due giorni qui. Rientrato a Santa Rosa, dove si beve Inca Cola, si ascolta Vallenato e i bambini vestono magliette del Brasil, ricomincia a piovere e dopo aver lavato le scarpe piene di fango, mi sdraio rapito da Morfeo.Il pomeriggio, nel bar-ristorante davanti all’albergo, conosco il fratello della padrona che si occupa dell’albergo e il meccanico di Tabatinga che è venuto ad aggiustargli il generatore per il bar, m’invitano a bere birra con loro, in una specie di rituale che mi dicono peruviano, ma che non conosco e penso che non sia vero, in un solo bicchiere beviamo a turno, le birre diventano tante, il bicchiere rimane sempre lo stesso, fin che devono andar via e m’invitano a Tabatinga per continuare la bevuta. In cinque minuti di barca arriviamo, ci fermiamo un attimo a casa di Antonio, il fratello della padrona dell’hotel, mentre William, il meccanico va a casa sua. Qui la gente parla portoghese, la cittadina è cento per cento Brasiliana. Mezz’ora dopo arriva William con la sua moto e mi porta in un bar, va a caricare Antonio e poi ritorna, comincia anche qui la carrellata di birre e siamo accompagnati da musica brasiliana dal vivo e da grossi Wurstel che qui chiamano “calabresa”. Intorno alla mezzanotte però mi prende la noia e quindi il sonno, così decido di andar via, William mi affida ad un amico che mi accompagna al molo, però lì non incontro nessuno disposto ad accompagnarmi a Santa Rosa, mi consigliano di andare a Leticia che da lì è più probabile. M’incammino, non sapendo bene per dove, per stradine buie e minacciose, fino a che non arrivo in un bar dove sento la gente che parla spagnolo e fuori ci sono dei mototaxisti parcheggiati. Con uno vado al molo di Leticia, che non era poi così vicino come mi avevano detto a Tabatinga, e dopo un quarto d’ora finalmente trovo un barcaiolo che mi accompagna, sono solo e quindi devo pagare un po’ di più, all’incirca tre euro per cinque minuti di navigazione, di giorno però non ho mai pagato meno di un euro. Arrivo a Santa Rosa che è immersa nel buio e nel silenzio più assoluto e le uniche luci che vedo sono quelle dalla parte di Leticia e Tabatinga che si riflettono sul rio delle amazzoni.