Diciotto ore dopo esser salito sull’autobus per Santa Marta finalmente arrivo, un bel sole e il caldo secco mi rincuorano. Con un taxi giallo raggiungo il mio solito Hotel Miramar. Le giornate passano tranquille, tra la spiaggia e tante immersioni, mangiando pesce e gamberoni quasi tutti i giorni e bevendo succhi di frutta fresca, birre e pepsi.
Il primo marzo l’esercito colombiano bombarda un accampamento delle FARC (forze armate rivoluzionarie colombiane), un gruppo guerrigliero di sinistra ritenuto terrorista, dove muore “Raul Reyes” il numero due di questo esercito rivoluzionario. Il campo bombardato si trova dall’altra parte del confine colombiano, in Ecuador, e l’azione militare è effettuata senza il permesso di questo stato. Il presidente Rafael Correa s’indigna e chiude i contatti diplomatici con la Colombia, supportato dal Venezuela e dal Nicaragua, il presidente del Venezuela, Chavez, invia 10 battaglioni dell’esercito lungo la frontiera, a mio avviso come provocazione, e si parla di chiudere le frontiere con Ecuador e Venezuela, già chiuse ai trasporti commerciali. Un po’ mi preoccupa perché devo tornare in Perù per prendere l’aereo per rientrare a casa, e per arrivare in Perù senza spendere tanti soldi devo attraversare l’Ecuador. In televisione e per la strada già parlano di guerra, ma ci credo poco, penso che in pochi giorni tutto si sistemerà diplomaticamente.
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