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sabato 8 novembre 2008

Se c’è un Dio ce l'ha con Haiti!

Perché le disgrazie e i devastamenti si susseguono sempre in questo paese del mar dei caraibi?
Cosa c’è che non và in quella bambola vudù trafitta continuamente da miriadi di spilli?
Cosa avrà fatto di male la gente che vive in quella mezza isola?
Notizie dal telegiornale, oggi non è uno dei tanti uragani che spazzano via la terra da sotto i piedi della povera gente, oggi è una scuola con circa settecento bambini che è crollata.
Sono almeno 80 i bambini rimasti vittima del crollo della scuola 'La Promesse' avvenuto ieri a Petion-ville, nella periferia orientale della capitale Port-au-Prince ma il bilancio è del tutto provvisorio.
Ieri i soccorritori cercavano sopravvissuti scavando con le mani tra le macerie, non hanno nemmeno i mezzi per lavorare.
Nello stabile avevano sede un asilo, una scuola elementare e un liceo.
Le autorità non hanno ancora detto niente sulle cause dell' improvviso crollo, anche se alcuni residenti nel quartiere, dicono che qualche anno fa la scuola era stata ristrutturata visto che aveva già subito dei crolli parziali.
I telegiornali mostrano le mamme disperate che piangono i loro figli.
Disperazione, frustrazione, senso d’impotenza.
Haiti è un paese oppresso dalla povertà e dal sovraffollamento urbano, con un paesaggio di spoglie colline e una popolazione che sta ancora patendo le conseguenze delle lotte intestine, del malgoverno e della corruzione.
L’isola di Hispaniola è divisa in due, ed Haiti era una colonia Francese.
Nel maggio 1803 il leader dei ribelli Jean-Jacques Dessalines s’impossessò del tricolore francese ed eliminò il bianco dichiarando che avrebbe cacciato i bianchi dal paese. Dessalines issò la nuova bandiera in una serie di vittorie successive. Il 1° gennaio 1804 Dessalines proclamò l’indipendenza di Haiti, che divenne la prima repubblica governata da neri.
Haiti è la patria del tanto discusso, ma anche splendidamente spirituale, voudou (vudù), una religione africana, che fu portata nell’isola dagli schiavi africani e in seguito si amalgamò con il cattolicesimo. Dopo che i missionari convertirono gli schiavi al cristianesimo (torturando i capi religiosi fino alla morte e con altri mezzi simili), certi santi cattolici con attributi analoghi a quelli delle divinità africane divennero i simboli delle tradizioni spirituali che erano state venerate per generazioni. I riti vudù celebrano gli spiriti, gli avvenimenti fortunati, la nascita e la morte con danze, suoni di tamburi e possessioni spiritiche. Le cerimonie hanno luogo anche per allontanare le malattie o la sfortuna o per guadagnarsi il favore di un certo lwa (spirito, santo, divinità) e possono includere persino sacrifici di animali. La musica, i tamburi e le danze associate ai rituali vudù sono diventati una parte importante della cultura popolare haitiana.
Passeggiando per le strade di Santiago de Cuba capita spesso di trovare studenti haitiani, e il fatto che ti dicono che a Cuba stanno benissimo la dice lunga sulle condizioni del loro paese.
Però, chi risponde alle mie domande?
Perché le disgrazie e i devastamenti si susseguono sempre in questo paese del mar dei caraibi?
Cosa c’è che non và in quella bambola vudù trafitta continuamente da miriadi di spilli?
Cosa avrà fatto di male la gente che vive in quella mezza isola?

giovedì 18 settembre 2008

martedì 12 agosto 2008

*Probabilmente il Solitario George avrà erede

Il 26 Marzo ho publicato un post (*Verso.San.Cristobal) dove raccontavo la storia di Solitario George, una Tartaruga gigante delle Galapagos rimasta unica della sua sottospecie trovata per caso su un isola dell'arcipelago. Qualche giorno fa ho sentito alla televisione questa notizia, così ho cercato su internet e copio-incollo da ATS/ANSA :

QUITO, 22 lug (ats/ansa) Il Solitario George, l'ultimo esemplare di tartaruga gigante della specie Geochelone Abigdoni originario dell'isola di Pinta nell'arcipelago delle Galapagos, avrà una discendenza dopo tantissimi anni di infruttuosi tentativi di indurlo a riprodursi.La lieta notizia è stata annunciata dai biologi del Parco nazionale delle Galapagos (Png) che da decine di anni avevano pazientemente escogitato ogni stratagemma, offrendogli diversi tipi di compagne, per convincere George ad accoppiarsi.
Ma lui, che ha circa 100 anni, non ha mai assecondato gli esperti, mostrando anzi un caratteraccio ed aggredendo ogni femmina che gli scienziati collocavano nel suo recinto.
Tutto inutile fino a qualche tempo fa quando i guardiaparchi hanno notato una femmina, la numero 107, che iniziava a scavare nel terreno con l'intenzione di creare un nido. E ieri la buona novella: sono state trovate nove uova, di cui tre ancora intatte, subito messe nell'incubatrice.
Bisognerà aspettare quattro mesi per avere la conferma che il Solitario George diventerà, come tutti auspicano, finalmente papà.

sabato 7 giugno 2008

giovedì 1 maggio 2008

*Malvinas o Falkland?

Ricordo che nell’isola della terra del fuoco, su un muro del posto di controllo migratorio argentino c’è un adesivo con scritto: Las Malvinas son argentinas, le Malvine sono argentine. Questo aspro arcipelago continuamente battuto da venti gelidi è una colonia inglese ma rivendicato fortemente dagli argentini. Questo sentimento si avverte un po’ in tutta l’Argentina, con vie e piazze dedicate, ma ancor di più in quest’isola così australe, forse molto simile. In ostello c’è un inglese e un pomeriggio ci facciamo una chiacchierata a proposito, dice che è meglio non affrontare l’argomento con gli argentini, che a proposito possono diventare sgradevoli, anche se a lui non importa assolutamente nulla delle Falkland e dell’assurda guerra degli anni ottanta.
Situate nell'Atlantico meridionale a circa 1000 km ad est delle coste argentine, prima dell'arrivo degli europei le Isole Falkland erano disabitate.
Scoperte nel 1592 da marinai britannici e battezzate Falkland, furono parzialmente colonizzate in seguito dai francesi che le ribattezzarono isole Malouines e acquistate dagli spagnoli nel diciottesimo secolo. L’arcipelago fu poi occupato nel diciannovesimo secolo da coloni britannici, ma l'Argentina dopo l' indipendenza si considerò erede dei diritti della Spagna, stabilì nelle isole un piccolo distaccamento militare e nel 1828 vi insediò un governatore. Nel 1831 un gruppo di corsari britannici invase le isole, disarmò la guarnigione argentina e spodestò il governatore.

Anche se il contenzioso tra i due Stati durava da quasi un secolo e mezzo, Il 22 marzo 1982 un gruppo di argentini innalza la bandiera bianca e celeste argentina nell'isola di San Pedro, senza sottostare alle procedure di immigrazione previste. Prende il via l'operazione 'Rosario'. Un operazione che secondo alcuni era stata studiata da tempo dalla giunta militare argentina per riportare le Falkland-Malvine sotto la sovranità argentina e prorogare così la dittatura. Il 2 aprile 1982 le forze armate argentine, sbarcano nelle Falkland e ribattezzano Puerto Argentino la capitale Port Stanley.
Il 4 aprile il governo inglese decide di ristabilire l’amministrazione britannica sulle isole e il giorno dopo le prime navi della “Royal Navy” salpano verso le isole. Una settimana dopo, le autorità britanniche stabiliscono il blocco delle Falkland per una fascia di 200 miglia marine, il cui interno viene considerato zona di guerra. Il 24 aprile l'Argentina propone un amministrazione mista per le Falkland: due governatori, due bandiere, un consiglio composto da kelpers (gli abitanti delle isole) e argentini. Londra non accetta la proposta. Il 25 aprile incursori britannici sbarcano nell'isola di San Pedro e catturano gran parte dei 185 militari della guarnigione argentina. L’Argentina si dichiara “tecnicamente in stato di guerra”. Il 2 maggio un sottomarino britannico a propulsione nucleare affonda l’incrociatore argentino General Belgrano, che sembra dirigersi verso la zona di interdizione. Muoiono 321 cadetti della marina argentina.
Verrà poi accertato che la nave argentina navigava lontano dalle acque proibite. Il 4 maggio un missile colpisce un cacciatorpediniere britannico che affonda tre giorni dopo, 20 morti. Il 7 maggio Londra amplia la zona di esclusione totale fino al limite delle acque territoriali argentine. La flotta argentina è bloccata nei porti. Il 20 maggio fallisce un tentativo di mediazione del segretario generale dell ONU. Il 21 maggio comincia l'attacco finale britannico con la riconquista dell isola di Soledad, la principale dell'arcipelago. Nella battaglia aeronavale affonda una fregata britannica, 22 i morti. L'Argentina perde nove aerei. Il 25 maggio ancora una battaglia aeronavale: viene colpita un’altra fregata, 24 i morti. Il 28 maggio la task force britannica riconquista Goose Green, nella battaglia restano uccisi 250 militari argentini e 17 tra i britannici. L’8 giugno gli aerei argentini attaccano tre navi britanniche, causando circa 50 morti. Il 14 giugno le truppe britanniche giungono fino alla periferia della capitale, Port Stanley, e il 15 giugno sbarcano a Bluff Cove, imponendo la resa alle truppe argentine.
Falkland back to England.
Tre giorni dopo il presidente della giunta militare argentina Leopoldo Galtieri si dimette. Così inizia la fine della dittatura militare Argentina.
Oggi l’arcipelago è popolato da circa 3000 abitanti di origine britannica, la ricchezza dell' arcipelago è costituita dalle pecore, la cui lana viene esportata in Gran Bretagna. lo stile di vita della popolazione è tipicamente britannico. Gli abitanti frequentano i ''pubs'' e appendono alle pareti il ritratto della regina. Il tenore di vita medio è molto alto.

Purtroppo arrivarci è difficile e carissimo, in più non sembra aver grandi attrattive turistiche, anche se mi è girata per la testa l'idea di visitarle, non ci sono andato!

martedì 1 aprile 2008

*Ultimi giorni

Anche questo viaggio è finito,
Arrivo a Piura verso le 10 del mattino del 28 e l’autobus per Lima parte la notte, così passo tutto il giorno in questa città del nord del Perù. Sono a Lima il giorno dopo e soggiorno per due notti al Rodas 2 dove Ivan è tornato per sostituire la coppia che c’era in febbraio e che non c’è più. Camminando per Miraflores, in avenida Larco, incontro Roberto, un vecchio amico napoletano, anche lui aveva la ragazza qui, ma si son lasciati.
Il 30 vado con lui a pranzo e a visitare il quartiere dove alloggia, Pueblo libre e a cena andiamo a San Isidro. Il 31 mattina vado a passeggiare in centro, Plaza de Armas, Jiron la Union, Plaza San Martì, parque de la Muralla poi il pomeriggio a Miraflores. La notte ho l’aereo per Madrid. E oggi arrivo a casa.

giovedì 27 marzo 2008

*Ultime ore di "Galapagos"

Il centro d’interpretazione dell’isola San Cristóbal propone varie fasi della storia dell’arcipelago, la formazione vulcanica, le correnti marine che rendono particolari le isole tra loro, la colonizzazione, la creazione del parco naturale. Molto interessante, almeno per quanto mi riguarda, la storia “umana”: Originariamente disabitate, furono rifugio di pirati e corsari per circa due secoli poi dall’inizio dell’ottocento, per oltre un secolo, le Galapagos furono oggetto di cacce spietate alle balene, alle otarie e alle tartarughe che venivano stivate vive nelle navi e costituivano una provvista di cibo fresco per gli equipaggi in quanto potevano sopravvivere per lunghissimo tempo senza acqua né cibo. Con l’acquisizione dell’indipendenza la nuova repubblica dell’Ecuador ne prese possesso nel 1832 e il nuovo governo impiantò nell’isola Floreana una colonia di prigionieri politici e delinquenti comuni, la colonia si estinse nel 1878. Nel 1835 il viaggio di Darwin cambiò il destino dell’arcipelago. A bordo della nave Beagle con il comandante Fitzroy egli effettuò un lungo viaggio compiendo rilevamenti ed esplorazioni. Un altro tentativo di colonizzazione venne fatto verso il 1930 da un gruppo di tedeschi e norvegesi, ma fallì. Padroni dispotici furono assassinati e altri costretti a scappare. In seguito il governo ecuadoriano vi trasferì qualche famiglia di agricoltori e pescatori, dai quali ebbe origine l’attuale popolazione. Durante la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti vi stabilirono una base militare. Varie volte gli Stati Uniti hanno cercato di conquistarle, ma il governo ecuadoriano si è sempre rifiutato di cederle.
Ritornando a Puerto Baquerizo Moreno a piedi, mi fermo in una spiaggia dove ci sono alcune otarie, soprattutto piccoli, a fare fotografie, la spiaggia è di sabbia ma è un po’ sporca, con bottiglie di plastica e di vetro sparse qua e là. Continuo la mia passeggiata e poi vado a fare un giro per il lungomare e il paesino per le ultime foto ricordo. Si avvicina l’ora di lasciare questo paradiso in terra, che poi tanto paradiso non è, né per gli uomini né per gli animali, ma forse solo per noi turisti. Con un taxi raggiungo il piccolo aeroporto e dopo un ora e mezzo di volo arrivo a Guayaquil, vado al terminal degli autobus dove è venuta a salutarmi Mabel. Compro il biglietto per Piura, Perù. È pomeriggio e l’autobus parte la notte, così con Mabel andiamo in centro a fare un giro e a cenare. La notte dormo in autobus, il sonno interrotto alla frontiera per timbrare l’uscita dall’Ecuador e l’entrata in Perù.

Viaggio nel Viaggio: Terminato!

mercoledì 26 marzo 2008

*Verso San Cristóbal

Nel pomeriggio devo prendere la barca per andare nell’isola di San Cristóbal, dove passerò l’ultima notte di questo meraviglioso viaggio nel viaggio, la mattina sono libero, così dopo colazione vado un po’ in giro per negozietti di souvenir a comprare qualche regalino e a fare un giro per il lungomare e il molo. Una tartaruga marina nuota tranquilla nelle acque davanti al lungomare e mi fermo qualche minuto a guardarla immergersi e riemergere più volte. La mattina è lunga, così decido di andare a fare un giro al centro d’investigazione Charles Darwin, che ho già visto il primo giorno in compagnia di una guida, ma, come sempre quando sei con una guida, la visita era stata veloce e il cammino forzato. Da solo posso camminare tranquillo per il percorso e fermarmi ad ammirare le grandi tartarughe, che sono anche più sveglie e meno nascoste, la maggior parte di loro sta mangiando. Vedo anche il solitario George, che l’altro giorno dormiva nascosto in un angolo. Il Solitario George è il simbolo delle Galapagos ed è l’ultimo della sua specie, una grande tartaruga maschio che è stata trovata tanti anni fa in un’isola dell’arcipelago dove si pensava che non ci fossero più tartarughe. Con lui ci sono due femmine di una specie simile, ma purtroppo non riesce ad accoppiarsi, quindi, quando morirà, la sua specie si estinguerà con lui. Vado avanti e indietro per i sentieri, a fare fotografie e fotografarmi insieme alle grandi tartarughe, anche le gialle iguane terrestri sono più sveglie stamattina. Ritorno in paese e vado a pranzo, poi vado in hotel a recuperare lo zaino e Esther mi accompagna con un taxi al molo dove mi controllano i bagagli in cerca di frutta, animali, coralli o pietre, perché dall’isola non si può portar via niente. Lascio lo zaino in barca poi saluto Esther che ritorna in hotel e mi bevo una coca-cola nel bar davanti al molo aspettando l’ora di salpare. Due ore di mare, in un grande motoscafo, incrociamo solo un’isola, nemmeno un delfino, però il viaggio è piacevole, le gocce d’acqua salata mi bagnano quasi completamente.
Arrivato al molo di Puerto Baquerizo Moreno, la capitale dell’arcipelago (anche se Puerto Ayora è più grande), mi danno il benvenuto una dozzina di otarie stese proprio alla fine del pontile, rimango del tempo li, così vicine, libere, indifferenti alla presenza mia e di altri turisti. Le foto si sprecano, poi vado in cerca dell’hotel San Francisco, poco lontano dal molo c’è una specie di spiaggetta chiusa dove i bambini nuotano praticamente vicinissimi alle otarie e si spaventano quando quest’ultime si avvicinano troppo. Arrivo all’hotel, un po’ freddo e apatico, ma sul lungomare. Mi faccio una doccia e tolgo i vestiti bagnati poi scendo di nuovo a passeggiare sul lungomare e a pochi metri dall’hotel c’è una spiaggetta con una folta colonia di otarie che rumoreggiano e aspettano chissà ché. Vado a cenare poi cammino per tutto il lungomare, è notte ma voglio cercare di vedere e scoprire più cose possibili. Il mare è molto agitato e le onde sono altissime, una arriva fin sopra la passeggiata, bagnandomi tutta la schiena e costringendomi a tornare in hotel a cambiarmi perché il venticello è freddo. Però è ancora presto per andare a letto e quindi continuo la mia camminata, su e giù per il lungomare. Poi però arriva l’ora di andare e mi addormento con la televisione accesa.

martedì 25 marzo 2008

*Immersioni, snorkeling e squali



L’isola di Floreana si trova due ore di motoscafo a sud di Puerto Ayora, è una delle quattro isole dell’arcipelago abitata stabilmente con una popolazione di circa settanta coloni.
In totale l’escursione comprende una ventina di persone divise in due motoscafi, io e due americani siamo gli unici che fanno immersioni, gli altri faranno snorkeling e visiteranno la parte alta dell’isola.

A circa un’ora e un quarto da Puerto Ayora avvistiamo dei delfini e così ci fermiamo e buttiamo a mare con maschera, boccaglio e pinne. È bellissimo nuotare così vicino ai delfini, che sono grandissimi e il loro verso è fortissimo. Mi guardo intorno e mi accorgo di essere in mezzo all’oceano, non si vede terra, né un piccolo scoglio, tanto meno il fondo del mare, a esser sincero la situazione mi inquieta un po’. Un delfino si mette a giocare con me, io cerco di seguirlo e lui gira in tondo andando sempre più giù, fino a che io devo riprendere a respirare e quindi risalgo in superficie.
Poco dopo vedo un altro animale, veloce come un siluro che passa tra me e un gruppo di delfini, è un otaria, che si avvicina tanto da toccarmi le pinne e poi guardarmi negli occhi. Risaliamo tutti in barca e poi continuiamo verso Floreana. Vicino al sito per la prima immersione fanno prima scendere a mare gli altri turisti, che faranno snorkeling in una piccola baia, poi con il motoscafo io e gli altri due, accompagnati dal Dive Master, raggiungiamo il posto dove ci prepariamo e immergiamo, la piccolissima isola Champion. La visibilità non è buonissima, ci sono forti correnti, e i coralli sono pochi ma spettacolari. Ci sono tantissimi pesci, non colorati come ai Caraibi ma sono davvero tantissimi, una grande tartaruga nuota di fianco a noi e ci guarda indifferente, senza scappare via. Un’altra otaria sfreccia veloce vicino a noi, finché non si nasconde sotto una roccia e ci guarda, noi guardiamo lei, vicinissimi, forse la spaventiamo o forse è curiosa quanto noi, finché ha bisogno d’aria, rapidissima si fa spazio tra noi e salta fuori dall’acqua. Ma un brivido di soddisfazione mi corre lungo la schiena quando avvisto i primi due squali, sono squali dalle pinne bianche, non più grandi di un metro e mezzo, ma la maschera li fa sembrare più grandi e la loro siluette è tipica dello squalo che si vede nei film e nei documentari. Bellissimi ed elegantissimi. Durante l’immersione si vedono anche mante, murene, pesci palla, pesci farfalla e così via. Risaliti in superficie, mentre aspettiamo la barca, un gruppo di otarie ci circonda e si mette a nuotare e giocare con noi, è emozionante, non hanno paura, si avvicinano e si fermano a guardarci negli occhi, sembra quasi che vogliano prenderci in giro, si avvicinano tanto da poterle toccare, ma quando allungo le mani retrocedono di pochi centimetri. Pochi minuti poi risaliamo in barca dove tutti ci stanno aspettando per andare in un altro sito, la corona del diavolo, per continuare a fare snorkeling. Alcuni scogli neri spuntano dal mare, sugli scogli tanti uccelli. Di nuovo in acqua, con la muta, maschera, boccaglio e pinne. Sul fondo qualche squalo, mante e pesci di piccola taglia. La corrente è fortissima, faccio una fatica boia ad entrare tra le rocce, muovo con forza le pinne ma sembra di non avanzare e con alcune onde a volte retrocedo, comunque stanco ed affannato riesco ad entrare. Le rocce formano una specie di circonferenza dove in centro c’è una specie di laguna, l’acqua è bassa, calma e chiarissima, da una parte c’è anche una piccola spiaggetta ma non possiamo avvicinarci perché c’è il maschio delle otarie, che è molto più grande delle femmine viste fin’ora ed è territoriale ed aggressivo. Ritornare alla barca è più facile, la corrente è a favore. Da lì andiamo al molo di Puerto Velasco Ibarra, il piccolo centro abitato dell’isola, dove andiamo in un ristorante a pranzare. Al molo dormono tranquille alcune otarie e piccole iguane marine sono accompagnate da grandi pellicani. Dopo pranzo la maggior parte del gruppo sale su un pulmino per raggiungere la parte alta dell’isola, io e gli altri subacquei torniamo al molo dove ci imbarchiamo nuovamente e raggiungiamo punta cormoran, il sito per la seconda immersione. Qui gli squali abbondano, ne vediamo uno dopo l’altro, di diverse taglie, grandi mante nuotano sinuose e solitarie e una grande tartaruga ci osserva tra le alghe del fondo. Risalendo incrociamo varie tartarughe nuotando a mezz’acqua. Purtroppo non abbiamo avvistato neanche uno squalo martello, che insieme alle tartaruga Galapagos è il simbolo del parco… pazienza. Quando torniamo in superficie il motoscafo viene a raccoglierci e poi torniamo a Puerto Velasco Ibarra a prendere gli altri turisti che sono già li che ci aspettano, poi altre due ore di veloce motoscafo ci riportano all’isola di Santa Cruz. È stata un avventura indimenticabile ed un insieme di emozioni irripetibili.

lunedì 24 marzo 2008

*Tercer Dia

Per il terzo giorno è prevista un’escursione alla bahia, un giro in motoscafo ed alcune piccole camminate nei dintorni della baia di Puerto Ayora. Un ragazzo arriva in hotel mentre facciamo ancora colazione poi ci accompagna a piedi al molo, dove saliamo su una “panga” (un motoscafo). Con me e Mabel ci sono anche i membri di una famiglia che avevamo già conosciuto alla stazione scientifica Charles Darwin il primo giorno. Su alcune barche si vedono delle otarie che pigrano tranquille, poi poco fuori dal molo la prima attrattiva che incontriamo sono i piqueros patas azules, in italiano Sule dai piedi blu (o azzurri), su delle scogliere. Da li ci dirigiamo verso la loberia, dove in teoria dovremmo fare snorkeling tra la colonia di otarie, ma di otarie ne avvistiamo poche e il mare è molto agitato e quindi non possiamo buttarci in mare. Piccola delusione ma il mare fa quello che vuole quando vuole. Dopo tanti su e giù sulle alte onde raggiungiamo un piccolo molo da dove inizia la nostra prima camminata, tra pietre vulcaniche e un sentiero tortuoso. La nostra direzione è un luogo chiamato “las grietas”, dove il paesaggio è costituito da figure di lava che formano due pareti giganti. Il sentiero passa di fianco a delle saline poi tra cactus di varie forme e colori e finisce su una frana di rocce che scendono in una spaccatura del terreno dove c’è una pozza d’acqua limpida dove quasi tutti ci buttiamo, l’acqua è fredda, però dopo la camminata sotto il sole è una vera goduria. Ritornati alla panga, andiamo a Punta Estrada e qui mi butto in acqua dal motoscafo e faccio un po’ di snorkeling, il mare è un po’ mosso anche qui ma c’è una buona visibilità e i fondali sono belli, con tanti pesci, ma neanche uno squalo né una tartaruga marina. Un'altra camminata sotto il sole cocente e arriviamo ad una spiaggia di pietre nere con tante iguane marine, tra paesaggi vulcanici e desertici, poi tornando indietro ci fermiamo, passando per delle passerelle ad un posto d’osservazione sul canal de los tiburones, poi scendiamo e risaliamo sulla panga che attraversa il canal del’amor e quindi si rientra al molo. Il pomeriggio è libero, così io e Mabel andiamo alla Playa de los Alemanes, che ora chiamano playa Estrada, dal molo prendiamo un “taxi acuàtico”, una piccola barca gialla a motore che scarrozza la gente tra le varie imbarcazioni che non possono entrare al molo o alcuni posti raggiungibili solo via mare, come ad esempio l’inizio del sentiero per arrivare alla Playa de los Alemanes, una piccola e calma spiaggiavicino a Punta Estrada, ideale per riposare e fare una nuotatina. Prima delle sette devo rientrare in hotel, e poi andare a misurarmi la muta e l’attrezzatura da immersione per domani, ma prima andiamo a vedere anche la laguna de las ninfas, poco lontano dal centro di Puerto Ayora, una piccola e calma laguna circondata da vegetazione e da mangrovie, pero ormai è già buio e non si vede gran chè, in più è pieno di zanzare.Esther mi accompagna al negozio dove mi prendono i dati e mi cercano l’attrezzatura che mi va bene, poi vado a cenare con Mabel, andiamo a bere qualcosa e fare un giro al mercato dell’artigianato e sul lungomare, poi ci salutiamo perché lei domani rientra a Guayaquil, io invece alle sette del mattino devo andare al negozio per le immersioni.

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