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giovedì 28 giugno 2007

* Rio Momon, Anaconda e Mata-mata!

Arrivati a Bellavista-Nanay, dove si festeggia la festa patronale di san Pedro e san Pablo, ci assaltano i barcaioli proponendoci gite con le loro barche, sono insopportabili, tutti ti stanno addosso e non so perché se dici di no a uno , un'altro ti continua a proporre le stesse cose. Camminiamo fino al molo, dove ci guardiamo un pó intorno e per farla corta saliamo su una barca tipica di un tipo, all'inizio tutti chiedevano 40 soles, poi sono scesi a 30 e infine il piú economico e meno scocciatore si é guadagnato i 20 soles. La barca é lenta ed é piacevole scivolare lentamente sul fiume con il solito rumore che fa il motore: peque-peque-peque-peque. Navighiamo per un pó sul rio Nanay, come per andare a Padre Cocha, poi entriamo, a destra, nel rio Momon, un afluente del Nanay, dove la foresta sembra inspessirsi e le capanne dei coloni diminuiscono pero si ingrandiscono. La nostra meta é il serpentario "javier Las Boas". La visita é piú cara di quello che ci hanno detto, 20 soles a testa, il doppio, peró siamo giá qua e ho i soldi, cosi iniziamo la passeggiata per vedere e, fotografare, gli animali. Lo chiamano serpentario ma a dire la mia non ci sono poi tanti serpenti, sembra piú un mini zoo, con bradipi, tartarughe preistoriche (mata-mata), tartarughe motelo, guacamayos, scimmie di diverse razze, un puma, un añuje, un capibara, un tucano. Arrivati ad una capanna dove ci sono legate alcune scimmie e altre libere mi viene offerto un liquore tipico fatto in "casa" con la corteccia di un albero medicinale, il clavohuasca, messa a macerare in "agua ardiente", distillato di succo di canna da zucchero.
La tartaruga "mata-mata" é probabilmente la più singolare tra le tartarughe per il suo aspetto assolutamente inconfondibile e per le abitudini esclusivamente acquatiche, si presenta con collo lungo e testa triangolare, con una sorta di piccola proboscide, la testa non entra spostandosi dritta all'interno del carapace ma si sposta piegandosi a sinistra. È coperta quasi ovunque da escrescenze carnose. ne vediamo due e una é veramente grande, pesa piú di 15 chili e sará lunga in tutto piú di 50 centimetri.
L’anaconda o boa d’acqua appartiene alla famiglia dei boa che comprende i serpenti più grandi al mondo. Può raggiungere anche i 12 metri, anche se solitamente non supera i 6 metri. Sulle dimensioni vi sono molte credenze ed attese popolari, così l’anaconda appare spesso più grande di quanto non sia in realtà. Vive nelle aree umide tropicali del Sud America. Questo serpente è verde olivastro con delle macchie sul corpo e delle bande scure sulla testa. La livrea può cambiare a seconda delle aree colonizzate. Nel serpentario ne hanno due, peró la piú grande non é ancora abituata ai turisti, cosí mi faccio abbracciare da una di "soli" 4 metri.
Oltre alle due anaconda ci sono anche altri serpenti, boa, ma mi aspettavo vedere anche serpenti di taglie piú piccole e con colori piú vivi. Terminato il circuito ritorniamo alla barchetta dove il nostro "capitano" ci stá aspettando e rientriamo a Nanay, e dopo un breve giretto prendiamo il bus che ci riporta a casa.

lunedì 25 giugno 2007

* Il Rio delle Amazzoni é piú lungo del Nilo


SAN PAOLO
- Il Rio delle Amazzoni è il fiume più lungo del mondo. Una spedizione brasiliana ha scoperto le sue vere sorgenti nelle Ande del Perù meridionale, a una distanza dalla foce superiore al Nilo, fino ad oggi indicato con il corso di maggior chilometraggio del pianeta. Studiosi brasiliani dell'istituto di geografia e statistica (Ibge) e dell'istituto nazionale di ricerca spaziale (Inpe) hanno trovato le fonti del Rio delle Amazzoni a 5.600 metri di altitudine, nel Nevado Mismi, picco della cordigliera di Chila nel sud delle Ande peruviane. Se i calcoli dei ricercatori sono esatti, il punto di origine del Rio delle Amazzoni sta a una distanza dalla sua foce di 6.850 chilometri, ma potrebbe essere di più, superando i 7.000 chilometri. Questo spostamento delle sorgenti dal nord del Perù, dove si riteneva finora che il grande fiume avesse inizio, alla zona desertica fra Atacama e Nazca, nel sud peruviano, rende il Rio delle Amazzoni più lungo del Nilo, da sempre indicato il maggiore fiume del mondo con i suoi 6.670 chilometri."Che fosse il fiume più ricco d'acqua con una portata 60 volte maggiore del Nilo già si sapeva - ha affermato Guido Gelli, il direttore oriundo italiano della sezione Geoscienze dell'Ibge - Ora si è provato che è anche il maggiore come lunghezza. Correggeremo le carte geografiche e daremo questa informazione corretta alla società". La spedizione è appena rientrata dal Perù. Il lavoro è stato possibile grazie all'intervento di Paula Saldanha e di Roberto Werneck, due documentaristi brasiliani che avevano scoperto la zona delle vere sorgenti del Rio delle Amazzoni nel 1994. "Da 13 anni cercavamo di mobilitare le istituzioni brasiliane e gli scienziati di tutto il mondo per correggere questo errore storico - ha detto la Saldanha - Da tutte le parti si pubblicano ancora mappe che mostrano il Rio delle Amazzoni che nasce nel nord del Perù, e si insegna sempre che è il secondo fiume del mondo". Il Rio delle Amazzoni nasce dal ruscello Apacheta che esce dal ghiacciaio del Mismi. Da lì all'Atlantico si chiama successivamente Lloqueta, Apurimac, Ena, Tambo, Ucayali, Maranon, Solimoes e, da Manaus, Amazonas o Rio delle Amazzoni. Gli studi in corso in Brasile comprendono immagini via satellite e modelli di elevazione digitale del terreno originati da un radar orbitale. Nei 1.900 chilometri che il Rio delle Amazzoni percorre dalle sue sorgenti alla piana amazzonica, nella foresta peruviana, il fiume scende di 5.540 metri. Nei 5.100 chilometri successivi fino alle sua foce, il fiume scende di solo 60 metri: da qui i suoi vasti meandri che di anno in anno ne cambiano la lunghezza. "E' stata quasi come una missione spaziale - ha aggiunto Gelli - Siamo stati soggetti alla confusione mentale dovuta all'aria rarefatta. Ora capisco perché ci sono stati così pochi studi su questa area: non è inaccessibile, ma senz'altro é inabitabile". Gli scienziati brasiliani stanno organizzando un seminario internazionale per presentare alla comunità scientifica gli incredibili risultati della spedizione. Nella sua lunghezza corretta il fiume più lungo e più grande del mondo riceve quasi 7.000 affluenti, producendo alla sua foce 800 milioni di tonnellate di sedimenti all'anno. "Il piano è di una nuova spedizione mondiale in settembre - ha concluso Gelli - Vedremo come il Rio delle Amazzoni se la cava nel periodo di siccità alle sue sorgentì".
2007-06-16 21:03 ANSA

* Le colonie di oggi

Internazionale 697, 14 giugno 2007
Le colonie non esistono più, giusto? La Gran Bretagna non ha più l'India, la Malesia, il Kenya, la Rodesia, e neanche Hong Kong. Anche le colonie spagnole non esistono più da tempo, e l'Italia ha perso la Libia e l'Etiopia. I portoghesi hanno abbandonato l'Angola e il Mozambico. Non c'è rimasto davvero più niente? Non proprio. I francesi hanno perso il Vietnam e l'Algeria, ma sono quelli che oggi hanno più colonie: nel Pacifico c'è la Polinesia francese, la Nuova Caledonia e Wallis e Futuna. In Sudamerica c'è la Guiana francese. Nei Caraibi hanno la Martinica, St. Barthélemy e Guadalupe. Nell'America settentrionale, dalle parti di Terranova, St. Pierre e Miquelon. In Africa non hanno colonie ma è di stanza la Legione straniera. Al largo del Madagascar hanno l'isola della Réunion. Ecco le colonie britanniche: Gibilterra, le Bermuda, le Isole Falkland (o Malvine, se siete argentini), e molti altri puntini sulla mappa del mondo, tra i Caraibi e l'Atlantico meridionale, come le Isole Vergini britanniche, Sant'Elena e Tristan da Cunha. Gli spagnoli si lamentano dell'enclave inglese nel loro paese (Gibilterra), ma anche loro hanno un paio di enclave nel vicino Marocco (Ceuta e Melilla). Dopo la seconda guerra mondiale gli olandesi hanno perso l'Indonesia, ma hanno ancora delle isolette dei Caraibi: Saba, St. Eustatius, St. Marteen, Curacao e Bonaire. Perfino la Nuova Zelanda ha un paio di colonie: Niue e le Isole Pitcairn. Anche gli Stati Uniti ne hanno una manciata, tra cui Portorico, le Samoa americane, Guam, le Isole Vergini americane e la più famigerata di tutte: la baia di Guantanamo. Probabilmente molti direbbero che adesso anche l'Iraq è una colonia statunitense.
Tony Wheeler
© Internazionale

venerdì 22 giugno 2007

* Frutta Tipica


* Giorni normali

Ormai sono ritornato ad Iquitos giá da piú di venti giorni e la sensazione del viaggio é pallida, mi sembra di essere a casa e mi faccio fantasie sui futuri viaggi, comunque ho intenzione di mettermi in viaggio per i primi di luglio.
In questi giorni non ho fatto un granché. C'é stato uno sciopero totale di tre giorni, le strade erano bloccate da pali, pneumatici in fiamme, vetri rotti, i mezzi non circolavano, l'aereoporto era occupato e non funzionava, cosi i porti e anche l'ospedale aveva interrotto l'assistenza ambulatoriale. Per le strade i bambini e i meno giovani giocavano a pallone. I locali, i negozi, i ristoranti e i casinó erano chiusi. Dopo i tre giorni c'erano cumuli di spazzatura putrescente alti un metro che son rimasti lí altri tre giorni per la gioia dei bruttissimi avvoltoi e dei cani randagi. Non sono mancati i vandali che hanno distrutto cabine telefoniche e sradicato alberi. La cittá sembrava lo scenario di un film post apocalittico.

Oltre a questo ho fatto qualche escursione, qualche passeggiata per il centro, il solito cinema e qualche puntatina al casinó.
Questo fine settimana c'é la festa di San Juan, a pochi chilometri da qui, raggiungibile con un bus urbano, niente di che ma almeno ci sono vari concerti di cumbia gratis e spettacoli di ballo nella piazza e tante bancarelle di prodotti tipici, giusto per non annoiarsi.
Sono andato anche a visitare un villaggio sul rio Nanay, Padre Cocha, che si raggiunge con un peque peque, con mezzora di navigazione partendo dal porto di Bellavista-Nanay. É un villaggio di artigiani, lavorano la creta per fare dei vasi e delle anfore tipiche, questi ultimi tempi alcuni si stanno dedicando anche a l'artigianato da vendere ai turisti, o meglio, da vendere a chi poi lo venderá ai turisti. Da qui é possibile raggiungere i villaggi degli indios Bora, piú o meno a un ora di cammino ( non ci sono strade ma solo sentieri da queste parti) e degli Yaguas, poco piú di un ora, altrimenti una ventina di minuti in peque peque sul rio Momon. In 15 minuti si arriva anche al mariposario Pilpintuasy. In se stesso il villaggio non ha nulla di interessante, una piccola piazza con la chiesa e un monumento a Grau (il peruano del millennio), con un brutto campo da calcio tutto buche e pozzanghere di fianco, un negozio di artigianato ma é chiuso. Donne che lavano gli abiti nel fiume e qualche ragazzo pescando con le reti.

domenica 10 giugno 2007

* Termina el regreso

Il viaggio in barca verso Iquitos, è piacevolmente suggestivo, Yurimaguas è sul rio Huallaga, che nella notte si butta nel Marañon. Passo delle ore a guardare con il binocolo le due sponde, piena foresta, uccelli, vedo anche delle scimmie, villaggi di capanne, coloni e indigeni in canoa, piccole e varie imbarcazioni. Avanziamo veloci, non ci fermiamo in nessun villaggio, per far salire o scendere passeggeri usano una lancha, una specie di lungo motoscafo. Ci viene servita la cena. A Quito, in un negozio di libri usati ho trovato "on the road" di Jack Kerouac in italiano e cosi ho da leggere tranquillamente sdraiato sulla mia amaca. Il giorno dopo inizia con la colazione, qualche chiacchiera con altri passeggeri, faccio un giro per i tre piani della barca, che trasporta oltre a passeggeri anche della merce, della frutta, galline e vacche. Il resto passa uguale al giorno precedente: binocolo, libro, amaca, pranzo e cena, la differenza è che navighiamo sul rio Marañon che è un pò più grande e con varie isolotte "temporanee".


Alle 8-30 della notte arriviamo a Nauta, qui ci attracchiamo per mezzoretta, mi informo se ci sono micro per Iquitos a quest'ora, che solitamente impiegano un'ora e mezzo, ma non viaggiano di notte. Continuo il viaggio in barca, che sono altre 7 ore, leggendo e dormendo; poco dopo Nauta inizia il Rio delle Amazzoni, e con la luna piena, la vista della nascita, con l'incontro del Marañon con l' Ucayali è davvero impressionante, come del resto lo è anche di giorno. Arrivo a Iquitos e quindi a casa da Gianina alle quattro del mattino.

venerdì 8 giugno 2007

* Yurimaguas

L' uomo che mi ha venduto il biglietto, mi ha anche detto che il bus sarebbe arrivato a Tarapoto verso le 9 o 9-30, calcolavo di arrivare verso le 11, visto il ritardo e le molteplici fermate, invece arrivo alle due e un quarto della notte, o della mattina, a seconda dei punti di vista. Non vado nemmeno a cercare un hotel, ma vado, con un motocarro-taxi, al "paradero" delle macchine ( taxi collettivi) che vanno a Yurimaguas e per fortuna, perché stanno asfaltando la strada e i mezzi possono circolare solo la notte fino alle sei del mattino, cosí mi sistemo in una macchina ad aspettare i mie compagni di viaggio. Verso le quattro partiamo e dopo il primo pezzo di strada disestato, inizia, per piú della metá del percorso, la nera lingua d' asfalto. Con mia grande sorpresa, il viaggio dura meno di tre ore, nel 2005 avevo impiegato sei ore ed ero arrivato distrutto, polvere in ogni mio buco e buche che facevano saltare la macchina, la strada era un disastro, ora é una favola.

Arrivato a Yurimaguas, con un solito motocarro, vado al molo, c'é una barca che salpa a mezzogiorno per Iquitos. Armo la mia amaca, dormo fino alle nove, mi faccio una doccia, e poi vado in centro a telefonare a Gianina, faccio qualche foto alla chiesa in plaza de armas, vado al mercato a comprarmi un pó di frutta per il viaggio e altre piccole cose che mi possono servire.


Ritornato al molo pranzo in un "comedor" popolare molto "rustico", un tetto di foglie di palma, un tavolone e una panca, una zuppa e un pesce fritto con del riso e un pó d'insalata.

Nel 2005, dalla barca, nel porto, si vedevano i delfini, ora non ci sono; un uomo che lavora nella barca mi dice che é facile vederli quando il fiume é piú basso.

Stranamente salpiamo puntuali a mezzogiorno, come mi hanno detto. L'altra volta mi avevano detto la stessa cosa, ma salpammo la notte del giorno dopo, passando una notte, tra l'altro malato a dormire nella barca ormeggiata e risparmiando i soldi dell' hotel.

* Rumbo a Tarapoto

Alle sette l'autobus che viene da Lima e va a Tarapoto non arriva, il ceffo che mi ha venduto il biglietto dice che é un pó in ritardo. Arriva alle otto e per far prima non entra nel terminal, ma devo andare fino alla strada perché si ferma solo un minuto per farmi salire e caricare dei pacchetti che vanno a Tarapoto. In compenso si ferma per mezz ora nella stazione dall' altra parte della cittá, dove salgono una decina di venditori ambulanti che cercano di vendermi degli altri King-Kong. Il viaggio é lungo e con parecchie fermate, alcune veramente lunghe. La strada é tranquilla, attraversa per un pó il deserto, poi comincia a salire, la vegetazione aumenta, il verde é ovunque, si supera il valico piú basso del Perú, "l'abra de porchula", 2140 metri s.l.m. poi si ridiscende nelle valli per attraversare, vicino alla cittá di Jaen, il Marañon, (che con l' Ucayali forma, poco dopo Nauta, il rio delle Amazzoni). La nebbia, le nuvole basse, i fiumi, piccoli ruscelli da guadare che attraversano la strada, varie cascate, la vegetazione ecuatoriale, fanno sembrare i dintorni paesaggi di un mondo perduto, come nei film di Jurassik park o il nuovo King Kong, anche se le foto, rubate al volo dall' autobus in corsa, non rendono l'idea.

giovedì 7 giugno 2007

* Continua el regreso

L' arrivo a Guayaquill é traumatico e caotico come la prima volta, il pulman mi lascia a circa un chilometro dal terminal provisorio, per via dei lavori di costruzione del nuovo terminal, cammino con lo zaino in spalla fino a la e dopo 10 minuti sonosu un altro autobus diretto alla frontiera con il perú di Huanquillas - Aguas Verdes, un unica cittadina ma dalla parte del Ecuador si chiama Huanquillas e dalla parte del Perú Aguas Verdes, divise solo da un fiumiciattolo e unite da un ponte. La strada é buona e dormo quasi tutto il viaggio. Verso le due mi lasciano al ufficio dell' immigrazione ecuadoreña, e in meno di cinque minuti sbrigo le formalitá per l'uscita dal paese. Fa caldo, aspetto l'autobus per percorrere i restanti tre chilometri che mancano alla cittadina-confine, peró un taxi si ferma e per un dollaro e mezzo mi porta dritto dritto fino al ponte, che devo attraversare a piedi, con tutti itragattini che mi ofrono i loro servigi, droghe e ragazze a basso costo. Passato il ponte prendo un motocarrotaxi con una vecchia signora, fino all immigrazione peruviana. Anche qui solo cinque minuti e poi sono nuovamente in strada ad aspettare un micro-bus che per 1,5 soles mi porta a Tumbes. Vado in un agenzia e compro il biglietto per Chiclayo, da dove poi prenderó il bus per Tarapoto. Sono le tre e il bus parte alle otto e mezzo, lascio lo zaino in agenzia e vado a girare per il centro della cittá, la plaza de armas con la sua cattedrale, il boulevar, alcune vie vicine e internet. Pranzo in un chifa, il classico ristorante cinese-peruano, le strade del perú sono piene di chifas. Ceno per strada con un hamburger, per la gioia del mio giá malandato stomaco, accompagnato da una coca cola e due pastiglie contro la diarrea.
L' autobus é uno schifo, senza bagno, sporco, e ha molti sedili rotti e sfondati, per di piú é pieno ma per fortuna mi assicuro un posto decente. Neanche questa notte dormo, le fermate sono continue e rumorose. Arrivo a Chiclayo alle quattro del mattino. Compro il biglietto per Tarapoto che parte alle sette; fa freddo. Compro anche due "King-Kong" da un chilo e uno da mezzo; il KingKong é un dolce tipico e rinomato di Chiclayo e Lambayeque, praticamente un mattone di pastasfoglia grossa, manjar blanco e marmellata di ananas, uno ha anche marmellata d' arachidi.

* Empieza el regreso

Mentre vado a comprare il biglietto per Guayaquill, la mattina del 29 maggio, ne aprofitto per fare un giretto per El Coca, la via principale, il malecon, le vie vicine, arrivo a un ponte che attraversa il rio Napo da dove vedo, in basso, una strana barca con un aereo sopra, non capisco che cosa é, se un ristorante turistico o una discoteca o chissá ché. Vado anche al molo, dove c'é piú gente che la scorsa notte, alcuni con valige e borse, che aspettano una barca per chissá dove e chissá quando. Vicino alle rive del fiume si vedono canoe e peque peque che navigano tranquille e immagino che la vita degli occupanti non é molto diversa dai loro simili ad Iquitos o nel resto della grandissima regione amazzonica compresa tra Perú, Brasile, Ecuador, Bolivia, Colombia, Venezuela, Guayana e Suriname.
Alle 12 prendo il mio zaino dall' hotel, vado un pó in internet, a pranzare, poi vado all' agenzia dal bus ad aspettare di partire. Il caldo e l' umiditá sono insopportabili, l' aria é ferma e pesante, la luce del sole fortissima, dietro un bancone dove c'é una sudata impiegata, un ventilatore butta aria calda come se fosse un asciugacapelli. L' autobus parte puntuale alle 4-30 e per un pó segue la strada percorsa per venire, fino a Lago Acrio, poi scende verso sud e alle 9 arriviamo a Tena, dove rimaniamo nella stazione fino alle 10, aprofittando per andare al bagno e cenare. Dopo un pó la strada rimane senza asfalto, inoltrandosi nella foresta per poi cominciare a salire sulle ande e nella notte inizia a piovere e la strada si riempie di fango e pozzanghere, dove ci impantaniamo due volte, sempre a ridosso di un burrone. La notte é scura e piove, fuori dal finestrino non si vede nulla e quando incrociamo qualche altro sporadico mezzo, si vede che stiamo in mezzo alla foresta ecuatoriale sulle montagne in una strada di fango che costeggia senza la minima protezione profondi strapiombi. A volte mi appisolo, ma praticamente non dormo tutta la notte, a causa delle buche, le curve e gli slittamenti dell' autobus.

lunedì 4 giugno 2007

* El Coca

28 MAGGIO
Dalla stazione degli autobus di "Cumandá", nel centro storico di Quito, a pochi passi dalla plaza de Santo Domingo, alle 8-30 del mattino, parto con un autobus vecchio e sgangherato con destino Puerto Francisco de Orellana, meglio conosciuta come "El Coca", giú dalle ande, a est, nell´amazzonia ecuadoriana, sulle rive del rio Napo, con l'idea di prendere una barca fino a Nueva Roccaforte al confine con il Perú, passare il confine con una barca, una canoa un peque-peque o chissa che mezzo, arrivare all'avamposto peruviano di Cabo Pantoja e lí trovare una barca per continuare a discendere il rio Napo fino a Mazan e poi raggiungere Iquitos con un "deslizador" o magari una diretta per Iquitos.
La strada che da Quito va a El Coca non é delle migliori, e oltre alle curve per scendere dalle montagne, per alcuni lunghi tratti é soltanto uno sterrato con molti piccoli ponti in ferro che permettono di attraversare gli innumerevoli piccoli fiumi che scendono in amazzonia. Nel pomeriggio, prima di uno di questi dobbiamo fermarci, per parecchio tempo, sotto il sole, perché ci sono degli operai che lo stanno aggiustando, con tanto di saldatrice e chiavi a brugola gigantesche, probabilmente le piogge dei giorni scorsi hanno ingrossato il piccolo fiume e lo hanno danneggiato. Davanti a noi c'é solo un camion, dietro e dalla parte opposta del ponte si sono formate code, di automezzi, lunghissime. Quando il ponte, che é a senso unico alternato perché strettissimo, é sistemato, per fortuna fanno passare prima la nostra fila.
L'unica cittadina degna di nota che passiamo é Lago Acrio che non presenta nessuna attrattiva. Per tutto il tragitto, di fianco alla strada, ci accompagnano i grossi tubi di un oleodotto, a volte nascondendosi per brevi tratti sotto terra, a volte volando appesi di fianco ai ponti, dove il loro color ruggine o zincato stona nello scenario di abbondante vegetazione tropicale naturale.
Arrivo a El Coca che é giá buio, all'agenzia dell' autobus chiedo dov'é il molo e per fortuna é solo a 4 "cuadras", mi avvio per chiedere informazioni. Qualcuno c'é, le barche che trasportano passeggeri a Nueva Roccaforte salpano il lunedí e il giovedí mattina, alle sette. Oggi é lunedí, ma é giá notte. Mi dicono che forse qualche lancha privata o che trasporta merci puó portarmi, peró devo chiedere al capitano prima che salpi, magari la mattina presto... peró sono solo forse e puó darsi. Chiedo anche se da Nueva Roccaforte ci sono trasporti per Cabo Pantoja. Mi dicono che é probabile, che qualcosa posso trovare ma che son cari e non regolari, in piú non só quando ci son barche tra Cabo Pantoja e Iquitos. Tutto questo mi deprime, sono arrivato fin qui ma stó pensando di prendere un autobus per Guayaquil e tornare in Perú via terra e poi raggiungere Iquitos con una barca da Yurimaguas.
Mi sistemo in un hotel vicino al molo, che poi é vicinissimo al malecon e a poche "cuadras" dalle agenzie degli autobus e a una dalla via principale. Telefono a Gianina e anche lei pensa che é meglio se rientro in Perú via terra, tra l'altro tra pochi giorni iniziano sli scioperi generali e rischio di rimanere bloccato chissá dove. Cosí, rammaricato, vado a chiedere informazioni per l' autobus per Guayaquil, che parte il giorno dopo alle 4-30 del pomeriggio.
Il mio stomaco stá ancora male ma decido ugualmente di mettere qualcosa sotto i denti e poi passo in farmacia a comprare delle pastiglie.
Tornato in hotel, mentre guardo la televisione ma non la vedo, decido che é meglio prendere l' autobus per Guayaquil e magari navigare sul Rio Napo in un altra occasione, risalendolo da Iquitos con piú sicurezza e certezze. Con piú tempo, con piú soldi e piú spirito d' avventura. In realtá non mi manca niente di questo, solo che ho voglia di tornare il prima possibile da Gianina, tra due mesi e mezzo torno in Italia a lavorare, e staró tantisimo tempo senza vederla. Penso che é meglio stare insieme il piú possibile adesso che si puó.


gigipeis

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