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venerdì 22 febbraio 2008

*Verso la triplice frontiera

Ieri alle nove c’è stata una falsa partenza, il barcone si è solo spostato per far posto ad un altro che doveva sbarcare, però pochi minuti prima delle dieci lasciamo finalmente Iquitos.
Oggi la barca non è più piena come ieri, molte persone sono scese in mattinata a Pevas, uno dei villaggi più antichi che si incontrano sul Rio delle Amazzoni.
La barca fa tante fermate, per far scendere alcune persone o scaricare merce. Soprattutto si ferma in piccoli villaggi ma a volte anche in zone dove c’è solo una casa. Ho anche visto i delfini, dove un fiume di colore scuro sboccava sul Rio, poco lontano da una segheria dove hanno scaricato merce.
In un piccolo villaggio hanno scaricato la carcassa di un vecchio frigorifero e dei blocchi di ghiaccio, nella maggior parte dei villaggi non c’è corrente elettrica, in alcuni c’è solo alcune ore la notte. Un villaggio con poche capanne ha un cartello che dice: benvenuti a Beiruth.
Poco dopo ci fermiamo in un villaggio che ha un cartello col simbolo del Frepap. Tante donne e bambine indossano il tipico copricapo del Frepap. In Perù è frequente vedere donne con questo copricapo, che è solo un velo di color blu, quasi viola. Da quello che ho capito il Frepap è un movimento politico-teologico, una specie di ideologia-religione, il loro simbolo è un pesce con la scritta Frepap, ho provato a cercare più informazioni su internet, ma non si trova granché e anche Gianina non mi ha saputo spiegare bene.
Oggi sono più tranquillo di ieri, ho fatto qualche chiacchiera con dei vicini di amaca e con dei bambini, mi sento bene e con lo spirito d’affrontare nuove avventure. Navigare sul Rio delle Amazzoni e fermarsi, se pur per pochi minuti, nei suoi tipici e miseri villaggi mi dà la carica.

giovedì 21 febbraio 2008

*Continuo il Viaggio

Eccomi qui, sulla mia nuova amaca, il caldo e le zanzare m’irritano.
La barca è relativamente piccola, più piccola di quelle che ho preso in passato. Da Iquitos mi porterà a Santa Rosa, un piccolo villaggio su un’isoletta del Perù sul rio delle Amazzoni davanti a Leticia (Colombia) e Tabatinga (Brasile). Con questo tratto di fiume, due notti e un giorno, completo la navigazione del grande fiume. Nel 2005 ero arrivato a Leticia in aereo da Bogotà, avevo preso una barca fino a Manaus (tre giorni e tre notti), dopo qualche settimana, da Manaus un'altra barca mi aveva portato a Belem (quattro notti e tre giorni) quasi alla foce del fiume.
Diversi mesi più tardi in Perù, da Yurimaguas mi ero imbarcato alla volta d’Iquitos. Navigando prima sul fiume Huallaga, poi sul Marañon e quindi, circa all’altezza di Nauta, dove il Marañon si unisce con l’Ucayali, sul Rio delle Amazzoni. L’anno scorso ho rifatto il tragitto da Yurimaguas ad Iquitos e anche risalendo i fiumi, da Iquitos a Yurimaguas.
Sono passate tre ore, sono le otto e non siamo ancora salpati. Sono irritato, scocciato, incazzato col mondo. Tutto mi dà fastidio. Odio tutti.
Sono l’unico straniero nella barca, sto al secondo piano adibito al trasporto persone, i bagni sono al piano di sotto, la barca è piena di gente e i venditori ambulanti continuano a salire e scendere urlando ciò che vendono.
Nei viaggi passati trovarmi in queste situazioni, in posti così autentici e pieni di gente reale, mi ha sempre entusiasmato e incuriosito. Oggi provo fastidio. Forse la loro serenità, tutti sembrano felici, i bambini giocano, gli anziani sorridono. Io mi sento solo e deluso per la fine della mia relazione con Gianina.

*Adios Amor

Poco dopo le 4 lascio le chiavi dentro la stanza, con lo zaino sulle spalle chiudo la porta, metto il lucchetto e lo chiudo. Gianina è a scuola.
È un addio a tutto quello che ho comprato con e per lei, è un addio ad Iquitos, forse un addio al Perù, soprattutto è un addio a Gianina.
Ci siamo promessi di rimanere amici e continuare a sentirci via internet, ma so che col tempo ci perderemo.
Sono deluso.

domenica 17 febbraio 2008

*Arrivo in Perù... ma...

Arrivo ad Arica la mattina presto del 10, trovo subito un taxi collettivo che mi porta a Tacna, le formalità alla frontiera sono rapide. Arica è la città più a nord del Cile, Tacna è la città più a sud del Perù. L’ autobus per Lima parte alle 2 del pomeriggio, il Perù, in questo periodo dell’anno, è due ore indietro rispetto al Cile. Ho tutto il tempo di andare a visitare il centro, la piazza de armas e fare colazione-pranzo. Arrivo a Lima alle 10 del mattino del giorno seguente, dopo tre notti che dormo in autobus, mi sistemo al Hotel Rodas 2, il mio solito Rodas 1 è pieno. Passo due giorni a Lima, compro il biglietto per Iquitos, vado a trovare i genitori di Gianina e faccio alcune compere. L’ aereo per Iquitos parte in ritardo, arrivo che è buio e piove, Gianina non è venuta in aeroporto, con un mototaxi vado in centro, nella casa dove lei ha una stanza ed è lì che mi aspetta, assonnata ma con un bel sorriso in faccia. Sto a Iquitos vari giorni, le cose con Gianina non vanno molto bene, lei è sempre impegnata, o con lo studio o con l’agenzia viaggi dove ha iniziato a lavorare. Ci vediamo pochissimo e questo mi da fastidio perché son venuto fin qui per lei.

sabato 9 febbraio 2008

*Seconda fermata... Antofagasta

La mattina molto presto mi sveglio ad Antofagasta, è ancora buio, ma per fortuna la biglietteria di una compagnia d’autobus è aperta e posso comprare il biglietto per Arica. La ragazza dietro lo sportello mi dice che non ci sono posti per oggi, poi però quando controlla trova un unico posto libero per le sei di sera. Il terminal degli autobus è a solo due isolati dalla piazza, una bella piazza alberata con un orologio in mezzo regalato dagli inglesi per qualche anniversario. Lascio lo zaino grande in custodia e vado a sdraiarmi su una panchina, mi addormento con lo zainetto come cuscino fino a che il sole non mi sbatte in faccia. Mi riprendo un attimo poi vado alla ricerca di un posto per far colazione. Vado a fare un giro al mercato, nella piazza di fronte c’è un monumento dedicato ai 200 anni d’indipendenza del Cile … niente di strano se non che il Cile non ha ancora compiuto 200 anni d’indipendenza, che dovrebbero scoccare nel 2010 (anche se l’indipendenza vera e propria arriva nel 1818).
Con un pulmino vado a visitare la “portada” sedici chilometri a nord del centro passando per quartieri periferici, trasandati e decadenti che potrebbero essere il suburbio di qualsiasi città del sud america. La portada è un arco naturale creato dall’erosione marina, alto 43 metri. Le spiagge di fronte sono chiuse per lavori di “miglioramento”, così mi accontento di ammirarlo dall’alto, perché le spiagge sono sotto, giù dagli strapiombi.
Tornato in centro passo un po’ di tempo in internet e telefono a Gianina, poi vado al terminal ad aspettare l’autobus che arriva un’ora dopo… seconda notte di fila che dormo in autobus. Il Perù si avvicina.

venerdì 8 febbraio 2008

*Verso il Perù... prima fermata, LaSerena

Mi han detto che sarei arrivato all’incirca all’una, dopo 5 ore di autobus, invece arrivo alle tre, due ore di autobus in più, ma che in un viaggio così lungo non si fanno sentire più di tanto. Compro subito il biglietto per antofagasta che parte alle 6 e ha un solo posto disponibile. Lascio lo zaino dalla gentilissima ragazza del chiosco delle informazioni e vado a visitare il centro, ma più che altro voglio visitare il museo dove c’è un Moai, questo e quello di Viña del Mar dovrebbero essere gli unici due Moai nel Cile continentale, in totale, secondo il museo, sono 12 i Moai portati fuori dall’isola di Pasqua. Anche questo museo ha un interessante sala dedicata a Rapa-Nui, più una collezione di ceramiche precolombiane Diaguita. Anche qui, però in forma permanente, ci sono due teste rimpicciolite Jibaros. La Serena ha un bel centro coloniale ben conservato, ed è la seconda città fondata dagli spagnoli in Cile nel 1544. Cinque anni più tardi un’insurrezione indigena provocò la morte della maggior parte degli spagnoli, distruggendo e incendiando la città. Poco dopo Valdivia ordinò di rifondare la città. Ritorno a piedi al terminal degli autobus e dopo pochi minuti salgo sul bus diretto ad Antofagasta.

giovedì 7 febbraio 2008

*Viña del Mar

Dall’ avenida Brasil, pochi isolati dalla vecchia pensione dove alloggio, prendo un pulmino che mi porta a Viña del Mar, la principale località balneare del Cile. In concreto sono attaccate ma diversissime per quanto riguarda il loro aspetto e l’atmosfera. Dalle caotiche stradine con colorate e decrepite case di Valparaiso si passa ad una moderna città con grattacieli e larghi viali alberati con lunghissime spiagge di sabbia. La piazza centrale è verdeggiante e piena di grandi alberi. Vado a visitare il museo archeologico, fuori da questo c’è una statua dell’ isola di pasqua, un moai, dentro un’interessante sala dedicata all’ isola, poi altre sale dedicate ai Mapuche e altre cose. C’è anche una mostra temporanea con tre teste rimpicciolite dai famosi indios Jibaros dell’amazzonia e la spiegazione di come le realizzavano. Dopo qualche foto al Moai e un piatto di ravioli non proprio buoni, vado a passare il pomeriggio al sole in spiaggia.

martedì 5 febbraio 2008

*Valparaiso

Dall’ ostello di Santiago, con la metro, raggiungo la stazione dei pullman di “los heroes”, a poche fermate, e da qui, con un autobus raggiungo in poco più di due ore la bella Valparaiso. È una grande città portuale del Cile centrale posta in una baia con le colline tutto intorno, sembra un anfiteatro che guarda all’ oceano Pacifico. È stata dichiarata patrimonio culturale dell’ umanità dall’ unesco. Una sua particolarità sono i vari ascensori, o meglio, funicolari, che sono stati costruiti tra il 1883 e il 1916 per collegare la città bassa, il centro, con le zone residenziali che venivano costruite sui colli. È piacevole camminare nel groviglio di strade labirintiche tra le colorate casette che scendono giù dalle colline, accompagnato da bei paesaggi. La città bassa è piena di strade strette piene di traffico, negozi, banche, uffici intorno alle banchine e al porto, che una volta furono la fortuna di Valparaiso. Una fortuna persa da tempo che lascia respirare un atmosfera decadente.

*Libertad???

Tra le mani mi è capitata una monetina da 10 pesos, è del 1981, in una faccia è raffigurata una donna alata che rompe le catene che ha ai polsi, poi ci sono le parole “Republica de Chile” “Libertad” e una data 11-IX-1973.
Mi chiedo a cosa si riferisca la parola “Libertad”.
Salvador Allende fu il primo presidente socialista a essere eletto in Cile, nel 1970. In un anno più di ottanta importanti compagnie furono nazionalizzate, soprattutto le miniere di rame. Un anno più tardi il sessanta percento delle terre irrigate andarono in mano al governo che le ridistribuì tra la manodopera contadina. Però le spese del governo furono superiori alle entrate, e quando il prezzo del rame sul mercato internazionale crollo, l’ inflazione aumentò e una grossa crisi economica colpì lo stato. Iniziarono prolungate carenze di prodotti alimentari, scioperi e disordini pubblici.
L’ 11 settembre 1973 i carro armati circondarono il palazzo presidenziale, ad Allende fu offerto un passaggio per l’ esilio che non accettò.
Il palazzo de la Moneda fu bombardato dai jet dell' aeronautica militare e tra le rovine fu trovato il presidente Allende morto con un mitragliatore tra le braccia. Il colpo di stato era stato diretto dalla CIA per mano di una giunta di quattro uomini,. Tra questi emerse subito il generale Augusto Pinochet, il capo dell’ esercito. Nei giorni seguenti più di 7000 persone furono trascinate nello stadio, dove molti furono torturati e altri giustiziati. I partiti d’ opposizione e i sindacati furono banditi, il congresso fu sciolto e tantissimi cileni scapparono all’ estero.
Pinochet adottò una radicale economia di mercato libero, che ebbe come risultato un aumento della disoccupazione, un abbassamento dei salari ed un inutile sistema di stato sociale. Però alla fine degli anni ottanta l’ economia si riprese e le politiche liberiste diedero i risultati che si aspettava. Tutto possibile solo perché disponeva di spietati strumenti di repressione come la DINA, la brutale polizia segreta. Nel 1988 uscì sconfitto dal referendum, da lui stesso indetto con l'intento di prolungare la sua presidenza e l’ anno seguente in Cile tornò la democrazia, sebbene molte delle figure di spicco del regime militare continuassero a esercitare la loro influenza. Divenne poi senatore a vita, godendo dell'immunità parlamentare.
Pinochet, arrestato a Londra nel 1998 su richiesta di un giudice spagnolo con l'accusa di crimini contro l'umanità, ha passato 16 mesi agli arresti domiciliari in attesa di una possibile estradizione in Spagna. Nel marzo del 2000 il governo britannico gli ha permesso di tornare in patria, dove una corte d'appello ha stabilito che non poteva affrontare un processo causa infermità mentale.
Tuttavia continuò a viaggiare anche nei luoghi più remoti del paese, protetto dalla scorta, per far propaganda alle forze politiche che continuavano a sostenerlo. Pur essendo finito per ben quattro volte agli arresti domiciliari per le atrocità commesse durante gli anni in cui governò il Paese, Augusto Pinochet è morto senza aver scontato un solo giorno di carcere il 10 dicembre 2006 per scompenso cardiaco presso l'Ospedale Militare di Santiago del Cile.

lunedì 4 febbraio 2008

*Santiago del Cile

Santiago è stata fondata il 12 febbraio 1541 da Pedro de Valdivia. La sua popolazione attuale è di circa sei milioni d’ abitanti, è una città moderna dove si sviluppano la maggior parte delle attività amministrative, commerciali e finanziarie del Cile. Si trova a circa 540 metri sopra il livello del mare, nella zona centrale del paese, a 2500 chilometri a sud di Arica, la città più settentrionale del Cile, e a 3140 chilometri al nord di Punta Arenas, la città più australe, a 100 chilometri dal Oceano Pacifico e a 40 chilometri dalla cordigliera Andina. A causa della mancanza d’ oro e di altri metalli preziosi, per la Spagna, il Cile non costituiva un obbiettivo attraente e la nuova colonia era solo un aggiunta marginale, isolata e non remunerativa. Nel 1600 i coloni non superavano le 5000 anime, e in teoria, avrebbero dovuto occuparsi del benessere degli indios e convertirli al cristianesimo, in pratica gli indios erano schiavi usati come manodopera per le “encomiendas”.

domenica 3 febbraio 2008

*Isola di Chiloè

La mattina lascio la pensione dove alloggio e porto lo zaino in un deposito bagagli al terminal degli autobus, dove poco dopo prendo un bus per andare sull’ isola di Chiloe, circa due ore di autobus e un ora di traghetto a sud di Puerto Montt. Scendo nella città d’Ancud, al nord dell’isola. L’ isla grande de Chiloe è, per grandezza, la seconda isola del Sud America. Il territorio è in gran parte coperto da boschi. Gli antichi cronisti raccontano che gli indigeni isolani, quando arrivarono gli spagnoli, avevano un certo grado di cultura e di civilizzazione, erano uomini sani, robusti, ospitali e sobri. Alcuni gruppi d’indigeni, rimangono ancora sull'isola, dove si dedicano alla pesca, all'agricoltura, alla tessitura e ai lavori di oreficeria in argento. Durante la guerra d’indipendenza Chiloe era un baluardo della corona spagnola, ma dopo 10 anni di debole resistenza dovette cedere alla Repubblica. Qui molta gente confida ancora su antichi miti locali come in quello del Trauco, gnomo rugoso vestito di muschi e licheni. Lui s’incolpa se una donna aspetta un figlio di padre anonimo. Su questo lembo d’America latina in mezzo al mare, si pratica ancora una tradizione originale: la Minga. È il trasferimento della dimora di legno tutta intera, da un luogo ad un altro, con l’aiuto di molti gioghi di buoi. Dopo aver visitato il museo cittadino, fatto un giro per il lungomare e la piazza principale e pranzato nel tipico mercato, ritorno a piedi al terminal degli autobus per ritornare a Puerto Montt, dove compro il biglietto per andare a Santiago, distante solo 12 ore…

sabato 2 febbraio 2008

*Verso Puerto Montt

Altre 13 ore di autobus, interrotte dal traghetto per attraversare lo stretto di magellano e il cambio di bus a Punta Arenas, per ritornare a Puerto Natales, da dove avevo intenzione di partire per raggiungere Puerto Montt , per poi sentirmi dire che partono da Punta Arenas. E non finisce qui, gli autobus per i prossimi giorni sono tutti pieni, il primo disponibile è giovedì, così passo il martedì a Puerto Natales, mercoledì mattina vado a Punta Arenas, e finalmente il giovedì parto…. Dopo 35 ore, passando dall’ Argentina, arrivo a Puerto Montt. Il primo giorno è circondato dalla monotona patagonia, mentre il giorno seguente mi sveglio sulle ande, bellissimi paesaggi alpini. Passiamo per El Bolson e Bariloche, costeggiamo il grande lago Nahuel Huapi, rientriamo in Cile, anche qui incontriamo laghi ed il vulcano Osorno è costantemente presente.
Puerto Montt sembra un porto in rovina alla fine della panamericana, case in legno decadenti, tutte storte e sverniciate, strade sporche, tubature rotte e lavori in corso, traffico e inquinamento, una stazione degli autobus sempre straripante di gente che mangia hot dog coperti di maionese che sbrodolano da tutte le parti e bambini che piangono.
Anche la pensione dove alloggio è una vecchia casa in legno, una scala stretta e ripida, scricchiolando come è d’ obbligo in queste case, mi porta alla mia stanza, il pavimento è in discesa, un tavolino, all’ altezza del pavimento è attaccato al muro, a circa un metro dal suolo è distante otto centimetri dallo stesso muro, sopra c’è un piccolo vaso con delle rose finte, ma non in piedi, sdraiato… provo a metterlo dritto ma sembra impossibile.
Il centro è carino, una bella piazza e un bell lungomare. Posso dire che Puerto Montt mi piace.

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