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venerdì 30 aprile 2010

# Angkor in Bianco e Nero






















Solo poche foto in bianco e nero di alcuni templi visitati ad Angkor.
Un sito comunque pieno di magia e che riempie d'emozione.
Pelle d'oca e bocca aperta.
Euforia.
Adrenalina.
Da vedere. Da respirare.












domenica 25 aprile 2010

# Ayutthaya

Conosco tanta gente che è stata in Thailandia, ma nessuno mi ha mai parlato di Ayutthaya e delle sue rovine, e probabilmente non ci sarei mai passato se a Bangkok non ci fossero gli scontri, i tafferugli, le strade bloccate per i disordini politici che vanno avanti già da qualche settimana.
Arrivo presto alla stazione dei treni di Bangkok e prendo subito un treno che per 20 bath, in due ore, mi porta nell'antica capitale del Siam.
Mi sistemo in una guesthouse a pochi passi dalla stazione, quasi di fronte al molo dove una piccola barchetta, per 3 bath, traghetta le persone al di là del fiume, sull'isola, che è anche il fulcro della cittadina.
Le rovine hanno un fascino particolare, ci sono comitive in autobus e qualche turista indipendente come me, ma Ayutthaya non è certo meta di un afflusso turistico di massa. Il primo giorno visito a piedi diversi siti nell'isola, spettacolari e sorprendenti come tutte le cose che non ti aspetti. Il secondo giorno vado a piedi a visitare alcuni templi a est della città, fuori dall'isola. Poi mi faccio accompagnare da un moto taxi dall'altra parte della città, attraversando l'isola, per aspettare il tramonto in un altro straordinario tempio, forse il migliore di Ayutthaya.
Questa città fu la capitale del Siam e centro del potere asiatico per 417 anni, dal 1350 fino a che, nel 1767, l'esercito Birmano invase la città, la saccheggiò e pose fine alla sua gloria. Segui un breve periodo d'instabilità poi la capitale venne spostata a Bangkok. Ora è una tranquilla cittadina di provincia.
Fuori dal centro mi è capitato di vedere un elefante passeggiare per strada, senza contare quelli visti vicino ad alcuni templi che portano i turisti a zonzo per i vari siti archeologici. La Thailandia è il paese degli elefanti, e dopo quasi venticinque giorni del mio soggiorno in questo paese, finalmente gli ho potuti ammirare da vicino.

venerdì 23 aprile 2010

# Da Lullu, Nai Phlao.

Stazione di Surat Thani.
Alle 10 del mattino del 20 dal molo di Ko Tao, prendo il traghetto per andare a Surat Thani, che fa scalo a Ko Phan Gan, dove cambio barca e faccio due chiacchiere con un ragazzo italiano che ha fatto un anno in Australia e adesso è quattro mesi che viaggia nel sud est asiatico.
Arrivo a Don Sak, dopo uno scalo anche a Samui ma senza cambiare barca stavolta, cerco un telefono ma al molo non ce né, così mando un sms a Lullu che mi risponde di aspettare che viene lui a prendermi. Poi mi chiama, lui è al molo ma non mi trova, ne conosce due ma non quello dove sono io, così con un motorino (100 bath) mi faccio accompagnare al molo dove mi sta aspettando.
Col suo vecchio 2000 benzina nero, ma con l'aria condizionata che funziona, raggiungiamo casa sua.
Abita in un piccolo villaggio molto tranquillo, con una bella spiaggia bianca bagnata dal mare color smeraldo. Nai Phlao.
Di turisti ne arrivano pochi, quasi niente.
Il giorno dopo mi porta in motorino a Khanom, la cittadina di una certa importanza dei dintorni, andiamo al mercato, dove per la prima volta vedo gli scarafaggi fritti (o erano cicale? Bhoo!). Il mercato è polveroso e molto caldo, i venditori stanno già mettendo via le loro merci, ormai c'è poca gente che compra, la gente si muove il mattino presto, quando la canicola è meno opprimente.
Dopo una sosta per bere e mangiare qualcosa, mi porta alla centrale elettrica. Che detto così uno può chiedersi e che ci vai a fare? Ma c'è il suo perché. La centrale elettrica da sul mare e sul fiume, con prati verdi ben curati dove gli abitanti dei dintorni sono soliti andarci a fare i picnic.
Il pomeriggio, con Samuele e Alice, i figli, andiamo in spiaggia a fare il bagno, l'acqua è caldissima e qualche albero ci ripara dal sole prima di fare una passeggiata per tutta la spiaggia, dove ci sono alcune meduse grandissime spiaggiate, ed in un resort lì da anni ma non ancora terminato, pascolano tranquillamente delle mucche.
Molto carina la casa di Lullu, che vista da fuori sembra una casa delle LEGO, con un tetto spiovente che con due tubi recupera l'acqua piovana in due grandi giare. Appena fuori dalla porta c'è anche la casa degli spiriti. Lullu mi racconta che sono venuti i monaci a pregare e prendere le misure per poi dirgli dove metterla e benedirla. Da quanto o capito è stata una specie di festa, dove prima hanno mangiato i monaci, poi i parenti e gli invitati. Nella Lonely Planet leggo che la casa degli spiriti viene costruita per fornire riparo agli spiriti guardiani della terra, una credenza animista precedente all'avvento del Buddhismo. Per assicurarsi che gli spiriti siano felicemente distratti dalle umane faccende e per rimanere in buoni rapporti con loro, i Thailandesi mettono queste strutture, simili a case di bambole, poco fuori dalla casa.
Ieri (il 22) con tutta la Lullu's family siamo andati, in macchina, a visitare delle grotte nei dintorni dove neanche lui era mai stato. Non sono ben segnalate, quindi ogni tanto ci perdevamo tra la macchia tropicale. Non avendo l'attrezzatura per visitarle ci limitiamo a vedere le prime stanze, con stallatiti, pipistrelli e qualche piccolo santuario allestito all'interno. Una gita molto interessante. Le campagne circostanti sono piene di piantagioni di alberi di caucciù e palme da olio, ma qualche palma da cocco resiste. Verde tipicamente tropicale. Praticamente Nai Phlao è stretta tra le colline verde intenso e la spiaggia. Verso le 11:30 Lullu mi accompagna in motorino a Khanom per prendere il minibus diretto a Surat Thani, che è partito alle 12:15, sono arrivato verso l'una, ho passato un oretta in internet poi ho cercato un autobus per la stazione dei treni, che è a una quindicina di chilometri dalla città. Il primo treno con un posto disponibile dovrebbe partire alle 18:22 e arrivare a Bangkok alle 6 del mattino.

lunedì 19 aprile 2010

# Ko Tao

Ed eccomi a Ko Tao.
Da Ranong ho preso l'autobus per Chumphon, 100 bath, due ore e mezzo. Dovrei partire alle 10:40, ma l'autobus passa alle 11:30. L'autobus mi lascia in centro città, vicino ad una via commerciale dove subito mi fermo a mangiare, affamato. Seguo i cartelle per il vicino ufficio turistico e chiedo info per raggiungere Ko Tao. Un impiegata non proprio convincente mi spiega, il primo traghetto parte alle 11 di notte ed arriva la mattina presto. Un altro ragazzo che lavora nell'ufficio mi accompagna con il suo motorino dove dovrei prendere il pick-up per il molo, a circa 10 chilometri da Chumphon.
Arrivo al molo molto presto, il traghetto è anche cargo e ci sono gli operai che caricano merci e della ghiaia occupa quasi tutto lo scafo. Compro il biglietto (300 bath) e salgo sulla barca ad occupare un letto per la notte. Dopo qualche ora arrivano due ragazze spagnole (basche) e faccio la loro conoscenza.
Il traghetto parte poco dopo le 11 e dopo una mezz'oretta mi vado a coricare. La mattina del 16, alle 6, siamo già a Ko Tao. Con Eli e Itxaso (le due sorelle spagnole) facciamo colazione nel bar di fronte al molo.
Poi con un taxi (che è poi un pick-up, più moderno dei soliti) andiamo a Sairee Beach, il villaggio un po' più grande dell'isola. Cerchiamo un posto per andare a dormire, dopo qualche giro troviamo un resort, loro si sistemano in un bungalow e io in una stanza (250 bath). Ci ritroviamo tutte le sere per andare a cena e poi bere qualche birra insieme.
Il 17 mattina vado a fare due immersioni, molto belle, (850 bath l'una), a Chumphon pinnacle, al largo dell'isola, e alla White Rock, una formazione rocciosa poco lontana da Sairee Beach.
Il 18 pomeriggio faccio altre due immersioni , la prima a Mango Bay, una bella baia riparata a nord dell'isola, dove poi faccio anche un po' di snorkeling, la seconda immersione è di fronte a Nangyuan Island, un isoletta a nord ovest di Ko Tao, lungo alcune formazioni rocciose chiamate Twins Rocks.
La notte, dopo cena con Eli e Itxaso andiamo al Lotus Bar, sulla spiaggia, a bere, dove si esibiscono alcuni ragazzi che fanno i giocolieri col fuoco, poi c'è musica e si balla.
Stamattina loro vanno via, a Ko Phan Gan. Io mi rilasso e faccio snorkelling davanti alla spiaggia con maschera e boccaglio prestatemi dalla signora che mi affitta la camera.

mercoledì 14 aprile 2010

# Ranong, Ko Chang, Songkran e Victoria Point.

Questi ultimi quattro giorni, dopo che ho lasciato Phuket, sono stati forse quelli più avvincenti, interessanti, pieni. Con un autobus pubblico raggiungo Ranong, attraversando l'isola di Phuket che offre bei panorami e belle spiagge che forse avrebbero meritato una sosta. Poi però l'ambiente si fa più rigoglioso, più verde, più tropicale. Finalmente mi accorgo di stare tra i tropici, come quando attraversavo l'Ecuador o il Perù per andare verso la foresta amazzonica o in Chiapas e Guatemala per andar a visitare le rovine Maya tra la selva Lacandona. L'autobus ha l'aria condizionata ma quando si ferma e scendiamo per pranzare si sente che l'aria è più umida, più afosa, più pesante.
Ranong è una città di frontiera, con quella strana aria che a me piace tanto, trascurata, trasandata, decadente. A Ranong ci sono molti Birmani, molte donne hanno il viso truccato di giallo, talco, le più giovani un velo sottile, quelle più mature invece hanno segni più marcati sulle guance, tanti uomini usano, al posto dei pantaloni, il sarong tipico e vanno scalzi.
Il mercato è tipico di una cittadina tropicale, con tantissima frutta e verdura di ogni dimensione, mosche e scarafaggi, pavimento in cemento polveroso e a tratti bagnato e fangoso. Esseri umani messi lì ad aspettare qualcosa che chissà se verrà. Anche questo mi ricorda Iquitos, Amazzonia.
Dal Pier (il molo), che raggiungo con un lento (lentissimo) Sorng-tăa-ou (azzurro n°6), mi imbarco su una Long Tail Boat alla volta della piccola isola di Ko Chang, che raggiungo in circa tre ore.
Il viaggio è per un tratto sull'estuario del fiume chang, dalle acque torbide e sporche, poi sul mar delle Andamane. Un tragitto piacevole tra isolette e alberi allagati, poi il mare si fa via via più color smeraldo e la barca raggiunge l'isola. Si ferma nelle varie baie, dove ci sono dei bungalows, a lasciare della merce e dei turisti. Tra queste baie il motore collassa, dopo mezz'ora arriva a nuoto il meccanico, credo l'unico dell'isola, e dopo un'altra mezz'ora, con il meccanico ormai fradicio di sudore e non d'acqua di mare, il motore ritorna a sputare fumo nero e far casino. Mi aspettavo di arrivare in un villaggio, magari piccolo, ma un villaggio, invece anche l'ultima fermata è su una spiaggia con alcuni bungalows, mi sistemo in uno di questi, non c'è la corrente, il complesso di casettina sparse su una collinetta ha anche un ristorante.

La spiaggia e un sentiero sulla collina tra piante di caucciù, con la corteccia incisa e una ciotola che raccoglie la gomma. Gli alberi sono tutti ben allineati, non come in Amazzonia, nati spontaneamente tra la selva nella moltitudine di altre piante. Non c'è null'altro a parte la carcassa di un motorino che chissà com'è arrivata qua!
Pranzo, cena e qualche birra “Chang” al ristorante, un bagnetto in mare, un po' di lettura sull'amaca, una passeggiata tra gli alberi di caucciù, una grattatina alle punture di zanzara. Quando fa buio sto un po' nel ristorante con vecchi turisti tedeschi frikettoni poi una candela mi fa compagnia nel mio bungalow insieme al libro sull'Africa che sto leggendo. La mattina mi sposto pigro, dopo colazione, dal letto sotto la zanzariera all'amaca sulla veranda. All'una e mezzo salgo sulla barca per far ritorno a Ranong.
Il 13 aprile però cade il capodanno Thailandese e non lo sapevo. Per le strade c'era il delirio, dalle case, dai negozi e dai pick-up colmi di bambini, ragazzi e cisterne, la gente lanciava acqua, gavettoni. Sono arrivato in hotel completamente fradicio e pieno di borotalco, ho dovuto vuotare gli zaini e mettere tutto ad asciugare, per fortuna che con il caldo che c'è la roba è già asciutta e gli zaini quasi. Computer e macchina fotografica salvi!
Le celebrazioni dello Songkran durano tre giorni. La tradizione prevede che la gente scenda in strada e si prenda a secchiate d'acqua, simboleggiando la cacciata della cattiva sorte. Assieme all'acqua viene lanciato anche del borotalco. La festività ha derivazione sanscrita e indica l'ingresso del sole in tutti i segni zodiacali.
In particolare fa riferimento all'entrata del sole nel primo segno dello Zodiaco dell'anno. I festeggiamenti coinvolgono anche Myanmar, Cambogia e Laos. Al mattino si può assistere in tutto il paese alla processione di adulti e bambini al tempio del villaggio o del quartiere per fare le offerte ai monaci. I giovani mostrano rispetto verso le persone più anziane e i propri cari versando acqua profumata nei palmi delle loro mani e poi li aiutano ad asciugarsi. I gesti tradizionali si sono fusi con il tempo con il nuovo modo di festeggiare. La cerimonia dell'acqua e' diventata un augurio che le persone si fanno l'un l'altro, anche senza conoscersi, ed è estesa a qualunque passante, che è subito bagnato in segno di buon augurio.
Il giorno seguente, sempre col solito pick-up azzurro n°6 vado al molo per il Myanmar, devo rinnovare il visto, per fortuna oggi c'è meno gente in giro che fa gavettoni e mi prendo solo qualche schizzo, ma il passaporto e la macchina fotografica sono comunque al sicuro dentro una busta di plastica ben chiusa. Raggiunto il molo vado ad espletare le formalità per uscire dalla Thailandia, poi cerco la barca per andare a “Ko Song” (in Thailandese) detta anche “Kawthoung” (in Birmano), ma meglio conosciuta come “Victoria Point”, come la chiamavano gli Inglesi colonizatori. C'è un tipo francese che vive da queste parti da tanto tempo e mi aiuta a non farmi fregare, praticamente raggruppa altre tre persone e paghiamo 100 Bath a testa (in cinque) contro i 400 che avevano chiesto solo a me! Il molo è molto trafficato, nei dintorni ci sono alcuni templi e parecchia gente fa pellegrinaggio per via del Songkran. Il viaggio lungo il fiume Chang è molto suggestivo. Ci sono due check-point sul fiume, uno Thai e uno Birmano, in quest'ultimo un ufficiale, mentre un altro controlla i passaporti, ci fa gli auguri di buon anno versandoci dell'acqua sulla schiena. Arrivati a Kawthoung dei ragazzini cercano di venderci di tutto, sigarette, whisky, viagra. Risolviamo le formalità d'ingresso e immediata uscita. Il permesso per un giorno costa 10 dollari ma non si può andare da nessun'altra parte in Myanmar, si potrebbe fare un giro per la cittadina e per i templi che si vedono nelle vicinanze, ma poi dovrei pagare altri 200 Bath, se mi va bene, per rientrare a Ranong visto che gli altri tornano subito in Thailandia, io li seguo! All'ufficio immigrazione Thailandese mi danno altri 15 giorni di permesso, così fino al 28 aprile sono in regola.
Ritorno in città col solito mezzo azzurro n°6 scassato, ma stavolta scendo alla stazione degli autobus per chiedere gli orari degli autobus che vanno a Chumphon e ritorno in hotel a piedi.
Mi riposo un'oretta poi esco per cenare e fare una passeggiata, mi fermo un po' in un parco a guardare dei ragazzi che si allenano a fare la break dance, poi arrivo in un punto dove c'è un tempio e tanta gente che mangia in un campo con bancarelle e musica stile festa dell'unità. In hotel rifaccio gli zaini per partire alla volta di Ko Tao.

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