_____www.gigipeis.blogspot.com______

_____www.gigipeis.blogspot.com______

venerdì 28 agosto 2020

Il Peschereccio di Gallipoli

Era da tanto tempo che non dormivo in macchina, e devo dire che non è stato poi così terrificante. Mercoledì sera mi hanno confermato che da giovedì sarei stato nuovamente in cassa integrazione. Subito la notizia mi ha buttato un po' giù, anche perché il meteo previsto nei posti vicino a casa per fare immersioni era molto brutto. Pensa e ripensa mi viene un idea malata. Preparo il borsone da sub, la tenda e metto un po' di magliette e mutande in uno zaino, carico le batterie delle fotocamere e alle 17 in punto parto direzione Gallipoli, le previsioni meteo dicono che al sud continua l'estate. Mi fermo a Modena a fare il pieno e al Decathlon a comprare un tavolino (l'ultima volta ne ho sentito la mancanza). C'è traffico in autostrada, soprattutto da Bologna a Imola. Alle 20 esco a Senigallia per cenare, niente di che, un panino all'America Graffiti e una passeggiata lungo la spiaggia fino alla rotonda sul mare e poi rientro alla macchina dal lungomare. Riprendo la strada alle 21 e dopo 2 ore e mezzo mi fermo in un autogrill, abbasso i sedili di dietro e mi metto a dormire. Alle 6 riparto e faccio diverse soste per caffè, colazione, un po' di gasolio. Alle 10:30 arrivo a Rivabella, dove c'è un camping, e chiedo se c'è posto per me, una bella piazzola a meno di venti metri dal mare. Monto tutto, gonfio il materassino, mando qualche messaggio per far sapere dove sono finito a qualche amico e a mamma & papà poi provo a fare qualche telefonata ai diving della zona, nessuno ha posto per me per domani, forse domenica pomeriggio, piccola delusione. Non mi arrendo e continuo a cercare diving su internet e mi accorgo che uno mi è sfuggito. Neanche loro hanno posto per domani, però se voglio c'è posto il pomeriggio alle 15... non so che ora è e chiedo a lui, le 14:30, gli dico dove sono e mi risponde che il diving è a 4/5 chilometri e che se voglio, comunque, mi può aspettare un po'. Sono stanco e già sdraiato sull'asciugamano di fianco alla tenda sotto la pineta ma non ci penso due volte e butto tutto dentro la tenda e corro alla macchina. Arrivo puntuale al diving, monto gav e erogatori, mi preparano la zavorra e seguo il furgone fino al molo, saliamo sul gommone e in circa 5 minuti siamo sopra il relitto di un peschereccio. Alle 16 inizia la discesa nel blu. Il relitto è su un fondale di 25 metri, immersione semplice ma molto bella, il vecchio barcone in legno è pieno di vita ed è molto scenografico. La rete a strascico, la luce e la strana visibilità gli danno un aria molto misteriosa e cupa. Dopo 45 minuti sono in superficie, ho preso 3 minuti di deco ma va bene lo stesso, tutto è successo molto in fretta ma alla fine sono molto soddisfatto.

Nel briefing pre immersione non mi hanno dato tante notizie riguardo il relitto ma su internet sono riuscito a trovare qualche informazione. Fu varato in Italia nel 1969 col nome “Andreina” ma negli anni settanta fu rinominato “Frangì”. Il peschereccio è affondato nel dicembre 2008 mentre rientrava in porto dopo la solita battuta di pesca giornaliera, a causa dello speronamento da parte di uno yacht “impazzito” che c'è finito letteralmente sopra, delle tre persone dell'equipaggio una rimase gravemente ferita. Il forte vento e il mare mosso hanno impedito il recupero immediato del motopeschereccio che si è inabissato dopo oltre un ora durante le operazioni di rimorchio delle due imbarcazioni incagliate tra loro, mentre lo yacht fu portato a Porto Gaio, a nord di Gallipoli, e posto sotto sequestro. Dal serbatoio dell'imbarcazione fuoriuscirono circa 200 litri di gasolio che le panne galleggianti, disposte dai mezzi antinquinamento riuscirono a contenere consentendone l'aspirazione, nei giorni successivi si riusci a recuperare tutto il carburante e per fortuna non ci furono conseguenze inquinanti e si decise di non recuperare il relitto. Per chi era alla guida dello yacht si ipotizzò il reato di naufragio colposo, ma non ho trovato notizie di come sia finita la vicenda.

sabato 8 agosto 2020

Necropoli Etrusca di Monterozzi a Tarquinia

Dal campeggio dell'Argentario un giorno sono andato a Tarquinia, un oretta di distanza, per visitare la Necropoli Etrusca di Monterozzi dove si possono ammirare tombe dipinte che rappresentano il più grande nucleo pittorico di arte etrusca arrivato fino ai giorni nostri e considerata "la prima pagina della pittura italiana". La scoperta delle prime tombe dipinte risale al Rinascimento e ad oggi si conoscono circa 200 sepolcri affrescati, ma di molti di essi si è persa l'esatta ubicazione, mentre altri furono reinterrati dopo la scoperta ritenendo all'epoca di preservarne al meglio in tal modo la decorazione dipinta. Credo che al momento siano accessibili circa 60 tombe. La maggior parte dei sepolcri è di età arcaica e classica, consiste in un unico ambiente quadrangolare con soffitto a doppio spiovente ed è destinato alla sepoltura della sola coppia maritale, in epoca ellenistica la camera sepolcrale ospita invece tutto il clan e gli ambienti assumono quindi dimensioni anche grandiose con pilastri a sostegno del soffitto piano. Le camere sono scavate nel banco di roccia e accessibili tramite corridoi in discesa coperti da strutture moderne per evitare alla pioggia e all'umidità di entrare e rovinare i dipinti. Il settore di necropoli aperto al pubblico è situato nella parte occidentale del colle di Monterozzi, non distante dalla città medioevale e moderna, nell'area del Calvario, nota fin dall'ottocento per la presenza di un importante gruppo di tombe affrescate, negli anni '60 del novecento si individuarono nel sottosuolo più di un migliaio di tombe a camera, una cinquantina delle quali con tracce di decorazione dipinta.











 

giovedì 6 agosto 2020

Relitto dell'Anna Bianca a Giannutri



Durante le ferie forzate di agosto ne ho approfittato per visitare l'Argentario, campeggiando per poco più di una settimana a Feniglia e fare anche qualche immersione nel mare azzurro del promontorio e all'isola di Giannutri. Dopo aver preso parte, qualche giorno prima, ad un full day con due immersioni presso la costa sud dell'Argentario, oggi in previsione c'è un full day all'isola di Giannutri, partendo da Porto Ercole con una grande barca, comoda, dove a prua c'è la sala comando e la cucina e a noi clienti, che siamo in tanti, non è permesso entrare. L'isola è un area naturale protetta e fa parte del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano con una riserva marina su gran parte delle sue coste. Il mare è un po' mosso con vento da nord ma la piccola isola a forma di C possiede diversi luoghi ridossati per quasi tutti i venti. Una volta arrivati a Cala Ischiaiola e ormeggiati alla boa del parco mi aspetta una piacevole sorpresa: quando chiedo quale sarà il mio gruppo e la mia guida, mi chiedono se mi va di fare l'Anna Bianca ed io accetto senza condizioni, felicissimo e un po' incredulo visto che non mi aspettavo di fare il relitto, non avevo chiesto e loro non lo avevano neanche accennato. La boa che segnala il relitto è circa cento metri distante dalla boa dove siamo ormeggiati, dove la maggior parte dei subacquei faranno l'immersione, quindi io, con la guida e altri tre sub dobbiamo raggiungerla a nuoto, in superficie, di spalle, come si usa, ovvero con la faccia rivolta verso il cielo e girandosi a guardare la boa ogni tanto per non sbagliare rotta. Quando arriviamo ci fermiamo qualche minuto per riprendere fiato e appena tutti siamo pronti si scaricano gav e mute stagne e si va giù, nel blu, senza perdere di vista la cima che dalla boa arriva alla poppa della nave. Il relitto è diviso in due tronconi principali con tante lamiere e altri piccoli pezzi sparsi intorno, adagiato sulla sabbia a una profondità che va dai 35 ai 52 metri, noi visiteremo lo spezzone di poppa che raggiunge al massimo i 42 metri. La visibilità è fantastica, la sagoma della prua si comincia ad intravedere già dai primi metri d'immersione. L'Anna Bianca, forse varato col nome di “Vivien”, era un piccolo mercantile lungo quasi cinquanta metri e largo nove, costruito nel 1921 in Inghilterra e di proprietà di un armatore napoletano. È affondato la notte tra il 2 e il 3 aprile del 1971 con un carico di pietra pomice, il motivo dell'affondamento mi è incerto, su alcuni siti internet ho letto che fu sorpresa da una tempesta e cercando ridosso a cala Ischiaiola urtò alcuni scogli che aprirono delle falle che la portarono a picco, altre voci, tra cui la guida che mi ci ha portato, dicono che sia stata affondata dall'equipaggio per riscuotere i soldi dell'assicurazione, altri siti raccontano anche di un esplosione a bordo e che si sarebbe divisa in due per questo. Si racconta anche che il carico di pomice, una volta rilasciato in mare, si accumulò sulle spiagge dell'argentario, soprattutto a Feniglia, dove in effetti è facile tuttora trovare del pomice arenato sulle dune, e alcuni abitanti del posto, vedendo tutta questa polvere bianca che galleggiava, la scambiarono per droga e cercarono di recuperarne il più possibile, rimanendo un po' delusi una volta scoperta la vera natura del pescato. L'immersione è veramente bella e facile, complice la notevole visibilità e il ridotto spazio da visitare, poi essendo così pochi anche fare delle foto in tutta tranquillità è un vero piacere. Molto bello l'impatto della pala del timone e il reggi albero dell'elica (assente) con tutta la rotondità della poppa, ci si può affacciare nello squarcio che divide la poppa dove all'interno si notano tante attrezzature della sala macchine ma i tantissimi cavi e cime che penzolano fanno passare a quasi tutti la voglia di penetrarvi, anche le sovrastrutture sono ben distinguibili e il relitto è tana per i soliti scorfani, gronghi, murene e gamberetti, poi non mancano le solite castagnole, grandi spirografi e qualche stella marina. Dopo 15 minuti e a pochi secondi dal prendere della deco, saliamo a quindici metri nel blu e la guida con la bussola ci porta al sito dove ci sono gli altri gruppi di subacquei, praticamente sotto la barca, che chiamano “le cerniette” dove rimaniamo un altra ventina di minuti ad ammirare la vita lungo questi scogli a circa 12 metri e finiamo la bellissima immersione. Per la seconda immersione ci spostiamo praticamente dall'altra parte dell'isola, a Punta San Francesco, dove le pareti degradano dolcemente e sono molto frastagliate, a pochi metri dalla riserva integrale dove non si può fare nessuna attività, quindi nemmeno immergersi. Il mare si muove un pochino di più. Bella anche quest'immersione, anche qui con tantissima visibilità e tanta vita sottomarina, tra cui il piacevole incontro con una grande lepre di mare che sembra che voli agitando le sue ali.

gigipeis

free counters