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giovedì 31 gennaio 2008

*Mapuche

Oggi l’attivista mapuche per i diritti umani Patricia Troncoso ha sospeso il più lungo sciopero della fame nella storia cilena, durato 112 giorni. Uno dei pochi popoli sopravvissuti alla conquista spagnola in Cile, rivendica oggi i propri diritti. In carcere dal 2002, Troncoso e diversi altri attivisti mapuche sono stati condannati a 10 anni di prigione con l’accusa di incendio doloso e atti terroristici. La decisione di interrompere il digiuno è venuta in seguito alla concessione di benefici carcerari.
Nel dicembre 2001, un incendio ha distrutto 100 ettari di pineta che ufficialmente appartengono ad un' impresa forestale nel sud del Cile, di proprietà di una delle famiglie più ricche del paese, ma che sono stati rivendicati dai popoli indigeni in quanto parte del loro territorio ancestrale. Al momento del processo contro gli attivisti, il governo di Ricardo Lagos (2000-2006) ha invocato una controversa legge anti-terrorismo che risale alla dittatura militare di Augusto Pinochet. Secondo i difensori dei diritti umani e le famiglie degli attivisti, è stato un processo farsa. Troncoso insieme ad altri 4 attivisti mapuche, aveva cominciato lo sciopero in ottobre, bevendo solo acqua e mate, il tradizionale infuso di erbe. Ma gli altri avevano sospeso il digiuno dopo due mesi. Chiedevano il rilascio di una ventina di “prigionieri politici” Mapuche, l’allentamento delle pressioni dell’esercito sulle comunità indigene che si battono per le loro terre storiche, e una revisione del processo sul caso dell’incendio.
Quella dei Mapuche è una società millenaria che possiede una lingua, uno stile di vita e un'organizzazione propria. Si è sviluppata come nazione in modo libero, indipendente e regnante in gran parte del territorio ora conosciuto come Patagonia. Formati gli stati di Cile e Argentina i coloni fallirono diversi tentativi di invadere i territori Mapuche, però alla fine del diciannovesimo secolo un'atroce guerra trasformò i Mapuche in una minoranza etnica, oppressa, impoverita e sottomessa alla sovranità dello stato straniero. Solo nel territorio cileno, lo stato dal 1881 fino agli inizi del ventesimo secolo, ha sottratto illecitamente al popolo Mapuche il 95% del territorio storico. Oggi, la maggior parte di queste terre sono proprietà di grandi aziende, come imprese forestali, peschiere, minerarie, petrolifere e idroelettriche. Il popolo Mapuche in lotta per recuperare il suo territorio, la dignità e l'esercizio dei diritti politici, civili e sociali, è vittima di una constante, sistematica e pianificata violazione dei diritti umani.

sabato 26 gennaio 2008

*Immersione alla Fin del Mundo

Un indimenticabile avventura sottomarina nelle fredde acque del canale di Beagle. Ad Ushuaia, all'estrema punta meridionale del Sud America, un altro bellissimo e particolarissimo posto, dove le Ande si incontrano con l’oceano per avventurarmi in un altro mondo alla “fine del mondo”. Una volta arrivato al diving, il proprietario, nonché la guida per l'immersione, mi trova una muta stagna e le pinne della mia taglia, una maschera, mi prepara una giberna con una zavorra esagerata, mi da bombola, gav e erogatori che assemblo in poco tempo. Oltre me c'è un ragazzo uruguaiano. Con un gommone, chiuso da un telone in plastica che fa da cabina, per ripararci almeno un po' dal freddo, dal molo poco distante raggiungiamo una spiaggia di ciottoli vicino alla punta della penisola dove si trova l'aeroporto più a sud del mondo. In realtà pochissimi minuti di navigazione. Ci immergiamo dalla spiaggia. La temperatura dell’acqua non supera i sei gradi, e qui ci si immerge con la muta stagna e i vestiti sotto, una cosa nuova per me, che mi crea anche qualche problema, due risalite forzate, perché l’ aria che ho immesso nella muta mi si accumula nei piedi ed è come se un gigante mi prende con le dita e mi tira dalle pinne fuori dall’acqua. Comunque imparo presto e così riesco a godermi l’ immersione. Il freddo neanche si sente. Un veliero, il Mañana, una piccola barca in legno, affondato da una ventina d'anni di cui riesco a percepire solo la cabina di pilotaggio e poco più, ad una profondità di circa 12 metri e quasi completamente coperto da alghe, spugne e ascidie. L’equipaggio, proveniente dal nord Europa, aveva attraccato al molo di Ushuaia, mentre faceva baldoria in un qualche bar e si ubriacava, il veliero, non si sa come, prende il largo da solo, lo cercano per mesi, ma lo ritrova un sub diversi anni dopo. La cosa più accattivante è stato nuotare tra la foresta di kelp, le enormi alghe, come in un fitto bosco, circondato da meduse, grosse stelle marine, granchi ragno, centolla (Granchio Reale Australe, grossi granchi ricoperti di punte), gamberetti, altri piccoli crostacei e un universo di minuscole e colorate creature.

venerdì 25 gennaio 2008

*Ushuaia


Dopo tanti su e giù per le vie e il lungomare di Ushuaia, cercando informazioni per fare un’ immersione, il pomeriggio, alle sei mi incammino per raggiungere il ghiacciaio Martial, dopo sette chilometri dal centro della città, si arriva alla funivia, però è già chiusa e cosi continuo la salita con alle spalle una vista magnifica della baia, e davanti il monte con in cima il ghiacciaio. È una bella sfacchinata, ma è anche una bella camminata in mezzo alla natura, costeggiando un piccolo torrente e salendo sempre più in alto fino a che il ghiaccio, le rocce e i ruscelli mi bloccano il cammino. Alle undici arrivo stanco ed affamato in ostello, fuori c’è ancora la luce del sole, qui il giorno, in questo periodo dell’ anno, è lunghissimo, albeggia verso le quattro e mezzo e tramonta verso le undici e mezzo.

giovedì 24 gennaio 2008

*Tierra del Fuego

Dall’alto di un balcone panoramico, a Punta Arenas, il capoluogo della Patagonia cilena, si ammira il mosaico di tetti in lamiera colorata delle case in legno e in mattoni che scendono fino a sparire nel famoso Stretto di Magellano. Ferdinando Magellano divenne il primo europeo a navigare lo stretto nel 1520, durante il suo viaggio di circumnavigazione del globo e fino al completamento del Canale di Panamá nel 1914, lo Stretto di Magellano era spesso l'unico modo sicuro di spostarsi tra l'Atlantico e il Pacifico. Dall’ altra parte c’è l’ isola grande della Tierra del Fuego, da qui partono i traghetti, ma dall’ altra parte poi non ci sono autobus per raggiungere Ushuaia, ne altre località dell’ isola, così devo star qua una notte e al mattino presto prendere l’autobus che sale fino a Punta Delgada, sale su un traghetto che attraversa lo stretto, ferma alle frontiere, perché l’isola è divisa tra Cile e Argentina, poi arriva a Ushuaia. La parte cilena dell’ isola è una pampa patagonica ricoperta di fili d’erba gialla e bassi cespugli verdi, quasi grigi, una strada sterrata e poche "estancias", fattorie nel mezzo di immensi terreni dove vi pascolano tante pecore, vacche, e anche tanti guanaco e qualche ñandu, grandi uccelli simili allo struzzo, e dove i gauchos hanno sostituito i cavalli con dei grossi pic-up. La parte argentina invece oltre ad avere la strada asfaltata ha dei paesaggi stupendi, con le montagne ricoperte dai ghiacciai, bei boschi verdi e laghi, anche qui i pascoli sono invasi da mucche e ovini. Quindici ore dopo esser partito da Punta Arenas, arrivo ad Ushuaia, la città più australe del mondo, e come dicono qui, la fin del mundo, anche se dall’ altra parte del canale di Beagle, sull’isola Navarino, c’è la cittadina di Puerto Williams, il capoluogo della provincia Antartica cilena, e anche se molto più piccola, a mio avviso, spetterebbe a questa città il titolo di città più australe. Mi piacerebbe metterci piede, però non esistono traghetti regolari e le agenzie turistiche chiedono duecentoventi dollari, e per quanto mi riguarda sono troppi.

martedì 22 gennaio 2008

*Puerto Natales

I pullman diretti a Ushuaia sono tutti pieni e prenotati per vari giorni, così decido di fare il viaggio a tappe e da Calafate mi dirigo a Puerto Natales, in Cile. La maggior parte del tragitto si percorre su una strada sterrata. Lungo il cammino si vedono spesso grandi gregge di pecore coperte di spessa lana, qualche mucca e ogni tanto anche qualche mitico gaucho, pastori solitari a cavallo. Da lontano ci accompagna sempre il massiccio del Torre del Paine.
Varie ore dopo arriviamo al posto di frontiera argentino, scendo cinque minuti, soffia un forte e fastidioso vento, l’ autista mi dice che qui è sempre così. Poco dopo il paesaggio cambia notevolmente, scesi dalla piana meseta patagonica, tutto intorno ci sono verdi colline e i ghiacciai delle montagne si avvicinano sempre di più. Dopo pochi chilometri arriviamo alla dogana cilena, il paesaggio è cambiato ma il vento è lo stesso.

Ora che ho aggiunto il timbro del Cile al mio passaporto, mi mancano solo quattro timbri per completare il sud america, due stati indipendenti, Guyana e Suriname, e due colonie, Guaiana francese e le isole Falkland, inglesi, ma almeno per il momento non ho intenzione di aggiungerli.

Il paesaggio si fa sempre più interessante, le montagne si avvicinano, le colline si ricoprono di faggi, i prati sono coperti di bianche margherite, i pascoli sono pieni di vacche pezzate e poi si arriva a Puerto Natales,
incorniciata da picchi innevati e adagiata sullo stretto dell’ ultima speranza, uno specchio d’ acqua turchese, con case in legno e un bel lungomare.

lunedì 21 gennaio 2008

*Ghiacciaio Perito Moreno

Tante interminabili ore circondato dalla pampa patagonica, con il solito monotono paesaggio, spezzato raramente dall’ avvistamento di qualche guanaco e qualche gregge, da Puerto Madryn a Rio Gallegos, e da li a el Calafate. Dalla stazione degli autobus scende una scalinata che arriva, passando per un piccolo mercato di artigiani, alla via principale, piena di negozi di souvenires, agenzie turistiche, pizzerie, bar, ristoranti con in bella mostra agnelli allo spiedo, banche e un supermercato. Sembra che gli ostelli siano tutti pieni, così mi sistemo in casa di una signora che affitta camere ai turisti, in una piccola stanzetta ci sono due letti a castello e con me si occupano tutti. El Calafate è una destinazione turistica argentina molto visitata, sulle rive del Lago Argentino, il più grande del paese e il terzo del sud america, da qui si raggiunge facilmente il ghiacciaio Perito Moreno. Il Perito Moreno è uno dei pochi ghiacciai al mondo in continuo avanzamento, periodicamente il ghiaccio chiude un canale del lago Argentino, congiungendosi alla penisola di Magallanes, formando una diga fino a che la pressione dell’ acqua sfonda il ghiaccio e riapre il canale. Sotto il sole il ghiacciaio è particolarmente attivo, si sentono scricchiolii e alcuni blocchi di ghiaccio si staccano dalle pareti precipitando in acqua facendo un gran rumore. Arrivo lì con un bus di una agenzia, circa un ora dopo esser partito da Calafate, faccio su e giù per le passerelle poste davanti al ghiacciaio, ho la fortuna di vedere due grossi blocchi che si staccano, poi faccio un escursione con un catamarano, schivando i vari iceberg, e vedendolo da molto più vicino, e anche dall’ acqua ho la fortuna di assistere ad un blocco che si stacca e fa un gran baccano e alza delle belle onde.

domenica 20 gennaio 2008

*Punta Tombo

Il giorno dopo, invece, vado a fare un escursione con un agenzia turistica, prenotata tramite l’ ostello. Prima meta è la riserva di Punta Tombo, a più di 200 chilometri da P. Madryn. A Punta Tombo si trova la colonia di pinguini di maggellano continentale più numerosa del mondo. Ed in effetti c’è ne tantissimi, è la prima volta che vedo da così vicino e così tanti pinguini nel loro abitat naturale. Sono molto buffi e simpatici, ma bisogna cercare di interagire il meno possibile ed evitare di disturbarli. Quando mi avvicino troppo cominciano a muovere la testa da una parte all’altra, e un guardafauna mi dice che è così che prendono le misure per poi beccare, non lo voglio constatare, e quindi ogni volta che cominciano mi allontano di qualche centimetro e loro continuano quello che stavano facendo. Oltre ai pinguini passeggiano qua e là anche tanti guanaco, già di per se un attrattiva, ma davanti a così tanti pinguini perdono un po’ di importanza. Ho anche visto una famiglia di maras, grandi roditori che possono somigliare a delle lepri. Dopo visitiamo la cittadina di Rawson, prima colonia gallese, poi playa union, da lì ci spostiamo a Trelew e visitiamo un importante museo di paleontologia, in Patagonia si sono incontrati tantissimi fossili di dinosauri. Alla fine andiamo a Gaiman, la cittadina dove le origini gallesi sono più marcate e ci viene servito il famoso, almeno qui, tè gallese, in una tipica casa da tè, famoso non per il tè in se, ma per la quantità e qualità delle torte che lo accompagnano. Da qua, finalmente si rientra a Puerto Madryn.
Bruce Chatwin, nel suo libro "In Patagonia", riassume la storia dei gallesi che si stabilirono in questa valle così:
Nel 1865 centocinquantatre coloni gallesi sbarcarono a Puerto Madryn dal brigantino Mimosa. Erano poveracci, in cerca di un nuovo Galles, emigrati dalle loro valli perchè le miniere di carbone si erano esaurite, e inoltre a causa di un fallito motto d'indipendenza e per il veto posto dal Parlamento all'insegnamento del gallese nelle scuole. I loro capi avevano cercato in tutto il mondo un pezzo di terra libera e non inquinata dagli inglesi. Avevano scelto la Patagonia per il suo totale isolamento e il pessimo clima; non desideravano arricchirsi.
Il governo argentino concesse loro dei terreni lungo il rio Chubut: a 40 miglia di marcia da Puerto Madryn, attraverso un deserto di cespugli spinosi. Quando finalmente raggiunsero la valle, ebbero l'impressione che Dio, più che il governo argentino, avesse dato loro la terra.

venerdì 18 gennaio 2008

*Puerto Madryn

La città di Puerto Madryn, col suo bel lungomare e le varie proposte ecoturistiche a lei vicine, viene considerata la località turistica estiva della Patagonia. Si presenta con belle spiagge, ed è anche la via d’ accesso per visitare la penisola di Valdez , a nord, la colonia di pinguini di Punta Tombo e le cittadine fondate dai coloni gallesi ed ancora legate alle loro tradizioni a sud, Puerto Madrin è stato il loro primo approdo. Viene anche considerata la capitale argentina delle immersioni, infatti son venuto fin qui proprio per farmi due immersioni. La prima è stata la più bella, a poco meno di trenta metri di profondità, a circa due chilometri e mezzo dalla costa, si trova la Miralles, un peschereccio di sessanta metri, affondato nel 2004 per creare un attrattiva per i subaquei. Una volta equipaggiati, con un motoscafo raggiungiamo il posto, in mare aperto, scendiamo seguendo un cavo che arriva sulla prua della nave, ammiriamo per completo uno dei lati, arrivando fino in poppa, dove entriamo in una cabina, un breve percorso e poi usciamo da dove siamo entrati, poco dopo ci infiliamo in un buco ed entriamo in quella che era la stiva, un grande salone pieno di pesci, nei lati della stiva sono stati praticati dei buchi per far entrare la luce ed esser visitata comodamente. Usciamo dall’ alto e percorriamo un breve spazio dove si vedono gli scacchi rossi e bianchi di quello che una volta era il pavimento della coperta, poi entriamo nella cabina di prua, l’ imbarcazione è quasi per completo rivestita da alghe, molluschi, stelle marine ed altri abitanti sub marini, i pesci entrano ed escono indisturbati. La seconda immersione la facciamo in un parco naturale, Punta Cuevas, poco distante dalla costa e poco profondo, più che altro per vedere la tipica vita del mare patagonico. Però si alza un forte vento e anche se siamo sott’ acqua ci disturba, l’ acqua si intorpidisce e la visibilità cala parecchio.

mercoledì 16 gennaio 2008

*Destinazione Patagonia

Mi vien da dire che fuori dal finestrino c’è solo il niente, però, qualcosa c’è. L’ autobus cammina su una lingua di strada asfaltata da chissà quanto tempo, di rado incrociamo qualche vettura, i tralicci dell’ alta tensione corrono di fianco alla carreggiata, non si allontanano mai tanto. Tutto intorno bassi cespugli, circondati da erbacce gialle e pietrisco. Paralleli alla strada anche dei bassi pali che sostengono una rete, che chiude il niente, come se a qualcuno interessasse entrare o come se dall’orizzonte a qualcuno o a qualche animale interessasse attraversare la strada. A dire il vero la recinzione è alta, a occhio, un metro, quindi se tu vuoi entrare puoi tranquillamente scavalcare. Nessuno ci farà caso.
Niente da raccontare, nulla da fotografare. Solo la sensazione di attraversare un altro posto che definirei suggestivo: la Patagonia.

martedì 15 gennaio 2008

*Piccola parentesi in Uruguay


Al porto di Buenos Aires mi timbrano il passaporto, seduti uno di fianco all' altro, gli ufficiali, prima l'uscita dall' Argentina, e poi l'ingresso in Uruguay. Con un traghetto, della compagnia "BuqueBus", si attraversa il rio della Plata e dopo un ora si arriva a Colonia, prima città, fondata dai portoghesi, dell' Uruguay. Una visita veloce al centro antico, salgo sul faro per vederla dall' alto. Si visita in fretta e così, poco dopo sono sull' autobus che mi porta a Montevideo. Mi sistemo in una squallida pensione in centro, sporca e rumorosa, ma il gestore è cordiale e premuroso. Faccio una lunga camminata notturna per la Ciudad Vieja, la città vecchia, il primo insediamento spagnolo in risposta a Colonia, il centro è pieno di birrerie, ristoranti e pizzerie, è sabato sera e per le strade c'è tanta gente, poi mi infilo nelle strette vie che vanno verso il porto e qui non si vede anima viva, fino ad arrivare ad un molo dove qualcuno cerca di pescare. Il giorno seguente, dopo una breve visita a plaza indipendencia, la piazza più grande della città con al centro una statua e il mausoleo dell' eroe nazionale Artigas, prendo un autobus per Punta dell Este, una delle località balneari più famose del continente. Belle spiagge, tanto vento, e una bella scultura che raffigura la mano di un gigante che esce dalla sabbia. La sera, rientrato a Montevideo mi sistemo in un bell' ostello, molto più accogliente e vivo della pensione della notte prima. Da Montevideo a Colonia, poi di nuovo in traghetto a Buenos Aires.

venerdì 11 gennaio 2008

*Buenos Aires

La storia di Buenos Aires inizia nel 1536, quando l'esploratore spagnolo Pedro de Mendoza si accampò su un promontorio sopra il Rio de la Plata. Da quel momento l'insediamento crebbe lentamente, ma in modo costante, grazie alle mandrie selvatiche di bestiame e di cavalli che proliferavano nelle Pampas. L'importanza di Buenos Aires, favorita dal suo grande porto per l'esportazione dei beni che offriva molte opportunità di lavoro, divenne tale che nel 1776 fu proclamata capitale del vicereame del Rio de la Plata. Nel 1816 a Tucuman, sotto il comando del generale José San Martin, le Province Unite del Rio de la Plata, dichiararono la propria indipendenza dalla Spagna. Verso la fine del XIX secolo Buenos Aires fu rimodernata e grazie all'immigrazione dall'Europa, in breve tempo raddoppiò la sua popolazione e fu ufficializzata come capitale federale.
Distinguo Buenos Aires dal resto delle altre capitali del Sud America dalle facce della gente. La stragrande maggioranza della popolazione è chiaramente di origine europea, proveniente da ogni angolo del vecchio continente, anche se per le strade, nei mercati e alle fermate degli autobus si notano tante facce "andine". Anche architettonicamente ricorda le capitali europee. L' Argentina non è esotica quanto i paesi con cui confina al nord, proprio perché l' Europa ha svolto un influenza fondamentale sulla nazione. Buenos Aires è famosa anche per il Tango ed il Calcio ma non nasconde pittoreschi quartieri con le vie acciottolate, negozi alla moda, un ottima cultura culinaria, cinema, gallerie d'arte, teatri e bar pieni di atmosfera. A colpo d' occhio sembra voler nascondere la crisi economica che ha messo in ginocchio lo stato, e se non fosse per le madri-di-plaza-de-mayo, l' oscena dittatura militare e i suoi desaparecidos, ritornerebbero nell' ombra.

mercoledì 9 gennaio 2008

*Inizia un Altro Viaggio in Sud America

Ieri mattina Rudy mi ha accompagnato in stazione a Reggio, da lì ho preso il treno per Bologna e quindi l' autobus per l' Aeroporto. Alle 12,30 parte l' aereo per Madrid e poco prima delle 5, da qui, parte l' aereo per Buenos Aires. L'aereo atterra circa all' 1, 30 della notte ma tra una cosa e un altra arrivo in centro alle 5, aspetto che arrivi il giorno e poi mi dirigo a San Telmo alla ricerca di un ostello, chiedo qualche informazione in giro e mi sorprendo a vedere come sono gentili e disponibili i "porteños", solitamente gli argentini che ho conosciuto sono stati sempre un po sbruffoni e arroganti. Mi sistemo in un piccolo ostello pieno di turisti, "el Hostal de San Telmo" dove dormo fino all' 1,30 poi esco a fare un giretto nei dintorni e mangiarmi un buon "Churrasco con marrones", innaffiato con del vino argentino, in una bettola del quartiere che in passato deve esser stato un bel bar, a me ricorda un po "Cacciapaglia", il dopolavoro di Carbonia dove andavo da ragazzino, e l' arredamento probabilmente é ancora Più vecchio. Continuo il giro ma c'é un caldo opprimente cosi decido di tornare in ostello a riposare.

gigipeis

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