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venerdì 19 giugno 2009

# Tiradentes

Tiradentes è piccola, vado a piedi fino al centro storico perfettamente conservato, completamente adattato al turismo, le vecchie case coloniali adibite a negozi di souvenir, ristoranti e care posadas. È piacevole ma molto turistica, praticamente si trova nel centro di un triangolo formato dalle tre più ricche città brasiliane. Squadroni di turisti e studenti scendono dagli autobus e invadono le strade. Io sono sceso dal treno e non da un autobus turistico, ma son pur sempre uno di loro e così percorro le salite e le discese in cerca delle attrattive di Tiradentes, come varie chiese e negozi.
Dopo aver pranzato in un buon ristorante “a Kilo”, salgo fino al museo di Padre Toledo, dove ci sono bei dipinti sui soffitti delle stanze e tanti oggetti tipici della regione del XVIII secolo. Questa era la residenza di Padre Toledo, membro dei ribelli indipendentisti di “Inconfidencia Mineira”, ed è stato in questa casa che si sono incontrati per la prima volta.
Dalla piazzetta del “Chafariz de São Jose”, una antica fontana, seguo un sentiero dove corre il condotto di pietra per l’acqua che si inoltra dentro il bosco fino alla sorgente. Quasi al tramonto salgo su una collina dove c’è l’ennesima chiesa e una bella vista panoramica su tutta la città e i monti.
Questa cittadina originariamente si chiamava “Arraial da Ponta do Morro” e fu poi ribattezzata con il nome dell’eroe brasiliano perché era nato in una fattoria poco lontano. Poco dopo il tramonto salgo su un autobus che mi riporta a São João del Rei.

# Maria Fumaça

Raggiungo la stazione dei treni a piedi, c’è già un po’ di gente che aspetta, la biglietteria è ancora chiusa, mi guardo un po’ in giro, e quando apre mi metto in coda per comprare il biglietto per andare con la “Maria Fumaça” nella vicina cittadina di Tiradentes. La Maria Fumaça è una antica locomotiva a vapore che corre sui binari posti in una delle zone minerarie più antiche del Minas Gerais. Questa linea ferroviaria fu costruita tra il 1880 e il 1890, quando a São João iniziava a prender piede l’industria tessile. C’è un treno simile anche tra Mariana e Ouro Preto, ma, mentre quello ha ripreso il servizio pochi anni fa, il Maria Fumaça sembra non abbia mai interrotto le sue corse. Guardo incuriosito gli operai che accendono e preparano la locomotiva, il museo l’ho già visitato ieri, poi la locomotiva sparisce per un po’ e ritorna in retro marcia, l’attaccano ai vagoni e pochi minuti dopo le dieci, comincia a fischiare e sbuffare più forte e si parte. La “Fumosa Maria” sibila e sbuffa, usciamo dalla stazione e passiamo davanti alle officine, dove si vedono vecchi vagoni trascurati e altre locomotive inutilizzate da anni e probabilmente fonte di pezzi di ricambio. Dopo una decina di minuti qualcosa scoppia e la locomotiva si circonda di fumo nero. Si ferma e scendono i macchinisti, guardano e frugano tra il fumo e l’acciaio, dopo qualche minuto ripartiamo, ma non per molto, riscendono i macchinisti e continuano a mettere le mani, ma poi decidono che non si può proseguire, ci dicono che la locomotiva si è rotta e dobbiamo tornare indietro. A retro marcia, con i vagoni davanti, traballando instabili, spinti dalla locomotiva, rientriamo in stazione. Quando arriviamo ci dicono che il treno sarà controllato dai meccanici e in pochi minuti sapremo se potrà ripartire o no. Dopo dieci minuti ci dicono che il treno sarà pronto in un’ora, se vogliamo aspettare, altrimenti sarà messo a disposizione un autobus che porterà i passeggeri che hanno fretta a Tiradentes con la restituzione dei soldi del biglietto. Io non ho certo fretta, e sono venuto fin qui, a São João del Rei, anche per farmi questo viaggetto nel tempo con la vecchia “Maria Fumaça”. Aspetto, ammazzo il tempo leggendo qualcosa e frugando tra le cianfrusaglie di un negozietto di souvenir, faccio due chiacchiere con altri passeggeri che hanno deciso di aspettare e ogni tanto vado a informarmi dal capostazione. Verso mezzogiorno la voce dell’altoparlante dice che la locomotiva è stata aggiustata, a mezzogiorno e dieci partirà, e che per il disturbo e l’inconveniente, i soldi del biglietto saranno restituiti anche a noi che abbiamo aspettato. Guardo il mio biglietto e il capostazione mi dice di aspettare davanti allo sportello della biglietteria, sono il primo della coda, do indietro il mio biglietto e mi prendo i 18 Reais che costava. Seconda partenza. Stavolta il treno corre, si fa per dire perché è lentissimo, per tutto il percorso, giù nella valle della Serra de São José che si fa sempre più brulla e rocciosa mentre si avvicina a Tiradentes, ogni tanto le rotaie scorrono parallele al fiume, dove probabilmente in passato si potevano vedere i “garimperos” che setacciavano in cerca del prezioso metallo. Si vedono mucche e cavalli, qualche resto di vecchie miniere. E finalmente si arriva alla stazione di Tiradentes, dove c’è tanta gente che aspetta la Maria Fumaça per andare a São João, con più di due ore di ritardo.

# São João del Rei

Dopo la misera colazione della posada, inizio la perlustrazione del centro storico di quest’altra città coloniale “minera”.
São João sorge tra le montagne della Serra do Espinhaço, ed è divisa in due dal letto di cemento del torrente Lenheiro. Solite strade selciate, poche ma dure ripide salite. Due ponti in pietra del XVIII secolo. Tante chiese barocche. La cittadina è ricca di posadas e ristoranti ricavati nelle abitazioni coloniali.
La stazione ferroviaria di São João è il luogo di partenza di Maria Fumaça, il treno a vapore che congiunge São João a Tiradentes.
Il museo della stazione conserva bellissime locomotive d'epoca. Ormai camminare tra case coloniali e ammirare chiese, sculture e dipinti religiosi, un po’ mi ha stufato, e con gioia passo un’oretta in un museo dove c’è un esposizione d’insetti, alcuni in bacheca, altri solo in foto. Altri momenti interessanti li passo a pranzo e a cena.

giovedì 18 giugno 2009

# Ancora strada

Prima di dire addio a Diamantina faccio un giro nella zona alta, nelle vicinanze dell’hotel e del terminal degli autobus, dove c'è anche l'antica stazione dei treni, il check-out in hotel è a mezzogiorno, quindi posso lasciare in stanza i bagagli e prenderli dieci minuti prima di partire. Alle undici meno un quarto parte l’autobus per B.H. Il paesaggio, lungo il cammino, è montuoso, verde e marrone, stimola la fantasia e mi ispira tante domande. Come avranno fatto, quegl’uomini, in una zona che sembra sconfinata, con montagne e valli, ruscelli e fiumi, a trovare oro e piccole pietrine così preziose?
Arrivo alle quattro e mezzo, il terminal di B.H. è grande, e per trovare la compagnia che viaggia a São João del Rei devo chiedere al chiosco delle informazioni, l’autobus parte alle quattro e quarantacinque, mancano solo cinque minuti, così corro verso la rampa di partenza e faccio il biglietto sull’autobus. Arrivo alle otto, la stazione degli autobus è a circa un chilometro e mezzo dal centro, che raggiungo a piedi in una ventina di minuti. Vado in una posada che consiglia la Lonely Planet. Una casa piena di zavagli e sopramobili, mi sistemo in un dormitorio ma sono solo. La signora della posada non è proprio delle più ospitali, almeno all’inizio. Esco per cenare e dare un occhiata notturna alla città, che sembra carina, con un centro storico con le classiche stradine lastricate e poche macchine, ma fuori da questo, strade asfaltate e costruzioni moderne.

mercoledì 17 giugno 2009

# Diamantina

La mattina mi sveglio presto e la colazione inclusa dell’hotel è veramente buona. Scendo in centro e molti negozi stanno cominciando ad aprire. Nuvoloni si alternano a schiarite azzurre. Le stradine lastricate e irregolari sono molto ripide e ad ogni passo rischio le caviglie. Come tutte le città coloniali le case sono basse e colorate, con tante chiese più o meno interessanti. Passando di fronte ad un bar vedo una bella ragazza e mi fermo a prendere un caffè e fare due chiacchiere con lei. Dopo un ispezione delle strade e stradine, visito il museo del diamante, una vecchia casa coloniale con arredamenti d’epoca, alcune pietre e oro raccolti nei dintorni, didascalie sulla storia della città.
Nei primi anni del 1700 i “Bandeirantes” trovarono dei diamanti nei pressi delle montagne conosciute dagli indigeni come “montanhas frias”. Diamantina venne fondata col nome di Arraial do Tijuco nel 1713 e divenne presto un importante centro minerario. Tutt’oggi l’attività mineraria è la base della sua economia. Nel 1831 cambiò il nome in quello attuale. Dopo essermi fermato a pranzare, veramente bene, in un ristorante “a kilo” nel centro, visito la casa di Chica da Silva, una ex-schiava che diventò l’amante di un ricco funzionario, contraente delle tasse, della corona portoghese. Personaggio controverso, un simbolo d’emancipazione per le persone di colore. Ci sono tante storie e leggende su questa donna e da queste è stata tratta una telenovela molto apprezzata qui in Brasile.
La curiosità mi spinge fino alla città bassa, da dove parte un sentiero, chiamato “Caminho dos escravos” strada degli schiavi, l’antica strada che conduceva fino a Paraty e poi a Rio de Janeiro.
La risalita verso l’hotel è veramente dura.
L’architettura coloniale, colorita e allegra si integra bene con le montagne che circondano la città.

martedì 16 giugno 2009

# Go to Diamantina

Raggiungo il terminal degli autobus a piedi, le feste son finite e Ouro Preto sembra deserta, pensavo che la salita per raggiungere la stazione fosse più ripida e faticosa, invece si rivela una bella passeggiata mattutina. L’autobus parte alle nove, alle undici arrivo a B.H. (Belo Horizonte) e dopo mezz’ora parte quello per Diamantina, la città più remota del circuito de ouro, dove arrivo verso le diciassette e trenta. Mi sistemo all’hotel JK proprio di fronte alla piccola stazione degli autobus, una piccola stanzetta con televisione ma con bagno in comune. Vado a fare un primo giretto per il centro storico, giù per una ripidissima discesa, mi fermo in un bar a bermi una bella “cerveja” e dopo aver cenato con un hamburger in una baracca vicino all’hotel, rientro in hotel a guardare un po’ di tv e a prender sonno.

giovedì 11 giugno 2009

# Mina de Passagem

Questa settimana ricorre una festività religiosa molto importante in brasile, il Corpus Christi, e Ouro Preto si riempie di turisti. In ostello arrivano gruppi numerosi, così il proprietario mi chiede se posso spostarmi in un altra casa che ha poco lontano, per me non ci sono problemi e subito dopo colazione mi sposto, la casa è solo 50 metri più avanti, dall'altra parte della strada. Poco dopo prendo l'autobus che va a Mariana per andare a visitare una vecchia miniera d'oro che si trova a metà strada. La presentazione della miniera sul sito internet dice (traduco dal portoghese):
Visitare la miniera è come viaggiare nella storia, vivendo la saga e il pericoloso destino degli uomini che cercavano l’oro all’interno delle montagne del Minas Gerais.
L’autobus mi lascia pochi passi dalla biglietteria e dall’entrata. Ci sono vecchi vagoni, attrezzi in disuso a cielo aperto e un piccolo museo con annesso un negozio di souvenir. Intorno verdi colline, o forse sono montagne. Poco più avanti un macchinario azionato da un uomo, che con un cavo d’acciaio fa salire e scendere un vecchio vagone traballante con panche in legno all’interno della miniera. Si scende sui binari fino a 120 metri di profondità. Trenta chilometri di tunnel e ampi saloni scavati nella pura e dura roccia dagli schiavi portati dall’Africa. Dalla prima metà del XIX secolo, fino al 1985, con tante sospensioni e chiusure, tanto sudore e sangue, da questa miniera sono state estratte circa 35 tonnellate del prezioso metallo.
Il fantasma del Capitão Jackes vaga tra queste gallerie sotterranee. Si dice che era un caposquadra di una compagnia inglese della metà del XVIII secolo, e che rimase vittima di una detonazione. Il suo corpo non fu più trovato. Il Capitão Jackes non spaventa nessuno, è solo un amico che stà dall’altra parte, e continua a compiere la missione che gli era stata affidata: esplorare la miniera.
In fondo alla miniera c’è un lago con acqua cristallina, che si perde tra i tunnel e i cunicoli, poco lontano una statuetta di Santa Barbara, protettrice (tra l’altro) dei minatori.

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