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giovedì 27 marzo 2008

*Ultime ore di "Galapagos"

Il centro d’interpretazione dell’isola San Cristóbal propone varie fasi della storia dell’arcipelago, la formazione vulcanica, le correnti marine che rendono particolari le isole tra loro, la colonizzazione, la creazione del parco naturale. Molto interessante, almeno per quanto mi riguarda, la storia “umana”: Originariamente disabitate, furono rifugio di pirati e corsari per circa due secoli poi dall’inizio dell’ottocento, per oltre un secolo, le Galapagos furono oggetto di cacce spietate alle balene, alle otarie e alle tartarughe che venivano stivate vive nelle navi e costituivano una provvista di cibo fresco per gli equipaggi in quanto potevano sopravvivere per lunghissimo tempo senza acqua né cibo. Con l’acquisizione dell’indipendenza la nuova repubblica dell’Ecuador ne prese possesso nel 1832 e il nuovo governo impiantò nell’isola Floreana una colonia di prigionieri politici e delinquenti comuni, la colonia si estinse nel 1878. Nel 1835 il viaggio di Darwin cambiò il destino dell’arcipelago. A bordo della nave Beagle con il comandante Fitzroy egli effettuò un lungo viaggio compiendo rilevamenti ed esplorazioni. Un altro tentativo di colonizzazione venne fatto verso il 1930 da un gruppo di tedeschi e norvegesi, ma fallì. Padroni dispotici furono assassinati e altri costretti a scappare. In seguito il governo ecuadoriano vi trasferì qualche famiglia di agricoltori e pescatori, dai quali ebbe origine l’attuale popolazione. Durante la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti vi stabilirono una base militare. Varie volte gli Stati Uniti hanno cercato di conquistarle, ma il governo ecuadoriano si è sempre rifiutato di cederle.
Ritornando a Puerto Baquerizo Moreno a piedi, mi fermo in una spiaggia dove ci sono alcune otarie, soprattutto piccoli, a fare fotografie, la spiaggia è di sabbia ma è un po’ sporca, con bottiglie di plastica e di vetro sparse qua e là. Continuo la mia passeggiata e poi vado a fare un giro per il lungomare e il paesino per le ultime foto ricordo. Si avvicina l’ora di lasciare questo paradiso in terra, che poi tanto paradiso non è, né per gli uomini né per gli animali, ma forse solo per noi turisti. Con un taxi raggiungo il piccolo aeroporto e dopo un ora e mezzo di volo arrivo a Guayaquil, vado al terminal degli autobus dove è venuta a salutarmi Mabel. Compro il biglietto per Piura, Perù. È pomeriggio e l’autobus parte la notte, così con Mabel andiamo in centro a fare un giro e a cenare. La notte dormo in autobus, il sonno interrotto alla frontiera per timbrare l’uscita dall’Ecuador e l’entrata in Perù.

Viaggio nel Viaggio: Terminato!

mercoledì 26 marzo 2008

*Verso San Cristóbal

Nel pomeriggio devo prendere la barca per andare nell’isola di San Cristóbal, dove passerò l’ultima notte di questo meraviglioso viaggio nel viaggio, la mattina sono libero, così dopo colazione vado un po’ in giro per negozietti di souvenir a comprare qualche regalino e a fare un giro per il lungomare e il molo. Una tartaruga marina nuota tranquilla nelle acque davanti al lungomare e mi fermo qualche minuto a guardarla immergersi e riemergere più volte. La mattina è lunga, così decido di andare a fare un giro al centro d’investigazione Charles Darwin, che ho già visto il primo giorno in compagnia di una guida, ma, come sempre quando sei con una guida, la visita era stata veloce e il cammino forzato. Da solo posso camminare tranquillo per il percorso e fermarmi ad ammirare le grandi tartarughe, che sono anche più sveglie e meno nascoste, la maggior parte di loro sta mangiando. Vedo anche il solitario George, che l’altro giorno dormiva nascosto in un angolo. Il Solitario George è il simbolo delle Galapagos ed è l’ultimo della sua specie, una grande tartaruga maschio che è stata trovata tanti anni fa in un’isola dell’arcipelago dove si pensava che non ci fossero più tartarughe. Con lui ci sono due femmine di una specie simile, ma purtroppo non riesce ad accoppiarsi, quindi, quando morirà, la sua specie si estinguerà con lui. Vado avanti e indietro per i sentieri, a fare fotografie e fotografarmi insieme alle grandi tartarughe, anche le gialle iguane terrestri sono più sveglie stamattina. Ritorno in paese e vado a pranzo, poi vado in hotel a recuperare lo zaino e Esther mi accompagna con un taxi al molo dove mi controllano i bagagli in cerca di frutta, animali, coralli o pietre, perché dall’isola non si può portar via niente. Lascio lo zaino in barca poi saluto Esther che ritorna in hotel e mi bevo una coca-cola nel bar davanti al molo aspettando l’ora di salpare. Due ore di mare, in un grande motoscafo, incrociamo solo un’isola, nemmeno un delfino, però il viaggio è piacevole, le gocce d’acqua salata mi bagnano quasi completamente.
Arrivato al molo di Puerto Baquerizo Moreno, la capitale dell’arcipelago (anche se Puerto Ayora è più grande), mi danno il benvenuto una dozzina di otarie stese proprio alla fine del pontile, rimango del tempo li, così vicine, libere, indifferenti alla presenza mia e di altri turisti. Le foto si sprecano, poi vado in cerca dell’hotel San Francisco, poco lontano dal molo c’è una specie di spiaggetta chiusa dove i bambini nuotano praticamente vicinissimi alle otarie e si spaventano quando quest’ultime si avvicinano troppo. Arrivo all’hotel, un po’ freddo e apatico, ma sul lungomare. Mi faccio una doccia e tolgo i vestiti bagnati poi scendo di nuovo a passeggiare sul lungomare e a pochi metri dall’hotel c’è una spiaggetta con una folta colonia di otarie che rumoreggiano e aspettano chissà ché. Vado a cenare poi cammino per tutto il lungomare, è notte ma voglio cercare di vedere e scoprire più cose possibili. Il mare è molto agitato e le onde sono altissime, una arriva fin sopra la passeggiata, bagnandomi tutta la schiena e costringendomi a tornare in hotel a cambiarmi perché il venticello è freddo. Però è ancora presto per andare a letto e quindi continuo la mia camminata, su e giù per il lungomare. Poi però arriva l’ora di andare e mi addormento con la televisione accesa.

martedì 25 marzo 2008

*Immersioni, snorkeling e squali



L’isola di Floreana si trova due ore di motoscafo a sud di Puerto Ayora, è una delle quattro isole dell’arcipelago abitata stabilmente con una popolazione di circa settanta coloni.
In totale l’escursione comprende una ventina di persone divise in due motoscafi, io e due americani siamo gli unici che fanno immersioni, gli altri faranno snorkeling e visiteranno la parte alta dell’isola.

A circa un’ora e un quarto da Puerto Ayora avvistiamo dei delfini e così ci fermiamo e buttiamo a mare con maschera, boccaglio e pinne. È bellissimo nuotare così vicino ai delfini, che sono grandissimi e il loro verso è fortissimo. Mi guardo intorno e mi accorgo di essere in mezzo all’oceano, non si vede terra, né un piccolo scoglio, tanto meno il fondo del mare, a esser sincero la situazione mi inquieta un po’. Un delfino si mette a giocare con me, io cerco di seguirlo e lui gira in tondo andando sempre più giù, fino a che io devo riprendere a respirare e quindi risalgo in superficie.
Poco dopo vedo un altro animale, veloce come un siluro che passa tra me e un gruppo di delfini, è un otaria, che si avvicina tanto da toccarmi le pinne e poi guardarmi negli occhi. Risaliamo tutti in barca e poi continuiamo verso Floreana. Vicino al sito per la prima immersione fanno prima scendere a mare gli altri turisti, che faranno snorkeling in una piccola baia, poi con il motoscafo io e gli altri due, accompagnati dal Dive Master, raggiungiamo il posto dove ci prepariamo e immergiamo, la piccolissima isola Champion. La visibilità non è buonissima, ci sono forti correnti, e i coralli sono pochi ma spettacolari. Ci sono tantissimi pesci, non colorati come ai Caraibi ma sono davvero tantissimi, una grande tartaruga nuota di fianco a noi e ci guarda indifferente, senza scappare via. Un’altra otaria sfreccia veloce vicino a noi, finché non si nasconde sotto una roccia e ci guarda, noi guardiamo lei, vicinissimi, forse la spaventiamo o forse è curiosa quanto noi, finché ha bisogno d’aria, rapidissima si fa spazio tra noi e salta fuori dall’acqua. Ma un brivido di soddisfazione mi corre lungo la schiena quando avvisto i primi due squali, sono squali dalle pinne bianche, non più grandi di un metro e mezzo, ma la maschera li fa sembrare più grandi e la loro siluette è tipica dello squalo che si vede nei film e nei documentari. Bellissimi ed elegantissimi. Durante l’immersione si vedono anche mante, murene, pesci palla, pesci farfalla e così via. Risaliti in superficie, mentre aspettiamo la barca, un gruppo di otarie ci circonda e si mette a nuotare e giocare con noi, è emozionante, non hanno paura, si avvicinano e si fermano a guardarci negli occhi, sembra quasi che vogliano prenderci in giro, si avvicinano tanto da poterle toccare, ma quando allungo le mani retrocedono di pochi centimetri. Pochi minuti poi risaliamo in barca dove tutti ci stanno aspettando per andare in un altro sito, la corona del diavolo, per continuare a fare snorkeling. Alcuni scogli neri spuntano dal mare, sugli scogli tanti uccelli. Di nuovo in acqua, con la muta, maschera, boccaglio e pinne. Sul fondo qualche squalo, mante e pesci di piccola taglia. La corrente è fortissima, faccio una fatica boia ad entrare tra le rocce, muovo con forza le pinne ma sembra di non avanzare e con alcune onde a volte retrocedo, comunque stanco ed affannato riesco ad entrare. Le rocce formano una specie di circonferenza dove in centro c’è una specie di laguna, l’acqua è bassa, calma e chiarissima, da una parte c’è anche una piccola spiaggetta ma non possiamo avvicinarci perché c’è il maschio delle otarie, che è molto più grande delle femmine viste fin’ora ed è territoriale ed aggressivo. Ritornare alla barca è più facile, la corrente è a favore. Da lì andiamo al molo di Puerto Velasco Ibarra, il piccolo centro abitato dell’isola, dove andiamo in un ristorante a pranzare. Al molo dormono tranquille alcune otarie e piccole iguane marine sono accompagnate da grandi pellicani. Dopo pranzo la maggior parte del gruppo sale su un pulmino per raggiungere la parte alta dell’isola, io e gli altri subacquei torniamo al molo dove ci imbarchiamo nuovamente e raggiungiamo punta cormoran, il sito per la seconda immersione. Qui gli squali abbondano, ne vediamo uno dopo l’altro, di diverse taglie, grandi mante nuotano sinuose e solitarie e una grande tartaruga ci osserva tra le alghe del fondo. Risalendo incrociamo varie tartarughe nuotando a mezz’acqua. Purtroppo non abbiamo avvistato neanche uno squalo martello, che insieme alle tartaruga Galapagos è il simbolo del parco… pazienza. Quando torniamo in superficie il motoscafo viene a raccoglierci e poi torniamo a Puerto Velasco Ibarra a prendere gli altri turisti che sono già li che ci aspettano, poi altre due ore di veloce motoscafo ci riportano all’isola di Santa Cruz. È stata un avventura indimenticabile ed un insieme di emozioni irripetibili.

lunedì 24 marzo 2008

*Tercer Dia

Per il terzo giorno è prevista un’escursione alla bahia, un giro in motoscafo ed alcune piccole camminate nei dintorni della baia di Puerto Ayora. Un ragazzo arriva in hotel mentre facciamo ancora colazione poi ci accompagna a piedi al molo, dove saliamo su una “panga” (un motoscafo). Con me e Mabel ci sono anche i membri di una famiglia che avevamo già conosciuto alla stazione scientifica Charles Darwin il primo giorno. Su alcune barche si vedono delle otarie che pigrano tranquille, poi poco fuori dal molo la prima attrattiva che incontriamo sono i piqueros patas azules, in italiano Sule dai piedi blu (o azzurri), su delle scogliere. Da li ci dirigiamo verso la loberia, dove in teoria dovremmo fare snorkeling tra la colonia di otarie, ma di otarie ne avvistiamo poche e il mare è molto agitato e quindi non possiamo buttarci in mare. Piccola delusione ma il mare fa quello che vuole quando vuole. Dopo tanti su e giù sulle alte onde raggiungiamo un piccolo molo da dove inizia la nostra prima camminata, tra pietre vulcaniche e un sentiero tortuoso. La nostra direzione è un luogo chiamato “las grietas”, dove il paesaggio è costituito da figure di lava che formano due pareti giganti. Il sentiero passa di fianco a delle saline poi tra cactus di varie forme e colori e finisce su una frana di rocce che scendono in una spaccatura del terreno dove c’è una pozza d’acqua limpida dove quasi tutti ci buttiamo, l’acqua è fredda, però dopo la camminata sotto il sole è una vera goduria. Ritornati alla panga, andiamo a Punta Estrada e qui mi butto in acqua dal motoscafo e faccio un po’ di snorkeling, il mare è un po’ mosso anche qui ma c’è una buona visibilità e i fondali sono belli, con tanti pesci, ma neanche uno squalo né una tartaruga marina. Un'altra camminata sotto il sole cocente e arriviamo ad una spiaggia di pietre nere con tante iguane marine, tra paesaggi vulcanici e desertici, poi tornando indietro ci fermiamo, passando per delle passerelle ad un posto d’osservazione sul canal de los tiburones, poi scendiamo e risaliamo sulla panga che attraversa il canal del’amor e quindi si rientra al molo. Il pomeriggio è libero, così io e Mabel andiamo alla Playa de los Alemanes, che ora chiamano playa Estrada, dal molo prendiamo un “taxi acuàtico”, una piccola barca gialla a motore che scarrozza la gente tra le varie imbarcazioni che non possono entrare al molo o alcuni posti raggiungibili solo via mare, come ad esempio l’inizio del sentiero per arrivare alla Playa de los Alemanes, una piccola e calma spiaggiavicino a Punta Estrada, ideale per riposare e fare una nuotatina. Prima delle sette devo rientrare in hotel, e poi andare a misurarmi la muta e l’attrezzatura da immersione per domani, ma prima andiamo a vedere anche la laguna de las ninfas, poco lontano dal centro di Puerto Ayora, una piccola e calma laguna circondata da vegetazione e da mangrovie, pero ormai è già buio e non si vede gran chè, in più è pieno di zanzare.Esther mi accompagna al negozio dove mi prendono i dati e mi cercano l’attrezzatura che mi va bene, poi vado a cenare con Mabel, andiamo a bere qualcosa e fare un giro al mercato dell’artigianato e sul lungomare, poi ci salutiamo perché lei domani rientra a Guayaquil, io invece alle sette del mattino devo andare al negozio per le immersioni.

* II°giorno alle Galapagos

Dopo aver fatto colazione con Mabel, in hotel, arriva la guida naturalista che ci accompagna a Bahia Tortuga. Un sentiero di tre chilometri transitabile solo a piedi tra cactus, ficodindia e piante uniche al mondo, sotto un sole cocente, arriva alla bellissima spiaggia di sabbia bianca. Il mare qui è pericoloso per via di forti correnti, la notte le tartarughe marine depositano le loro uova e sulla sabbia si vedono le loro orme. Grosse iguane marine camminano indisturbate sulla spiaggia. Il loro colore nero contrasta con il candido bianco della sabbia. Non temono l’uomo e mi posso avvicinare senza che scappino, da vicino sembrano dragoni dei racconti di fantasia in miniatura. Finita la spiaggia si cammina tra pietre vulcaniche e vegetazione autoctona. Accompagnati dalle iguane e più piccole lucertole colorate. Si arriva ad una piccola baia, con una tranquilla spiaggia bianca e qui mi posso fare finalmente un bel bagno, l’acqua è calda e il fondale di sabbia basso. Lo stesso cammino dell’andata ci riporta in città.
Il pomeriggio, con un pick-up, accompagnati da uno studente guida naturalista e da un padre con due figlie adolescenti, ci dirigiamo verso la parte alta dell’isola. La prima sosta è per visitare “los gemelos”, due grossi crateri.
Durante la formazione dell’isola si erano formate sacche di gas e quando il gas è riuscito a uscire, il terreno è ceduto formando questi grossi buchi. Questo sito è interessante non solo per la maestosità di questi ma anche per la vegetazione autoctona che si è sviluppata. La tappa successiva è l’entrata in un tunnel di lava, uno dei tanti tunnel formatosi durante la creazione dell’isola. Entriamo da una parte e usciamo poche centinaia di metri dall’altra, la parte più divertente è stata doverci inchinare, quasi strisciare per attraversare un basso passaggio, tra il fango, Mabel si infanga tutti i pantaloni e anche gli altri si sporcano un po’. Io per fortuna mi schizzo appena, ma dentro gocciola di continuo e l’aria è fresca. La guida ci lascia dopo il basso passaggio e torna indietro, va a prendere la macchina per poi aspettarci dall’altra parte, quindi siamo soli in un antico tunnel di lava, poco illuminato, gocciola fa freddo e più che un tunnel ora sembra una grotta. Dopo ci dirigiamo in una zona, sempre nella parte alta dell’isola, dove le tartarughe giganti pascolano liberamente nel loro ambiente naturale, solo che è il periodo dell’accoppiamento e la maggior parte sono più all’interno, ne avvistiamo due in delle pozze d’acqua, poi cercando finalmente ne avvistiamo una che sta brucando quindi possiamo farci le foto vicino ad una “Galapagos”. Poco distante c’è un bar ristorante che ha dei carapace vuoti dove ci infiliamo per farci fotografare… è una cosa un po’ stupida però ci divertiamo.
La notte, dopo cena, con Mabel andiamo a fare un giro sul lungomare e
passeggiando sul molo vediamo in mare una famiglia di cinque razze dorate, che da lontano si dirigono proprio sotto di noi per poi ritornare nella parte oscura dell'acqua, bellissime, rimango incantato,quasi non ci credo. Le isole incantate mi stanno regalando emozioni incredibili.

sabato 22 marzo 2008

*Arrivo alle Galapagos

L’ultima notte a Guayaquil non dormo bene, sono agitato ed eccitato dall’idea di andare finalmente alle isole Galapagos, è un idea che mi perseguitava dal 2005 ma che non pensavo si realizzasse. Andare alle Galapagos è caro, ma ho dei soldi messi da parte per far qualcosa con Gianina, è visto che la nostra relazione è terminata… bhe, li posso spendere come meglio credo.
La mattina la città sembra deserta, ieri era festa, venerdì santo, ma qualche tassista lavora anche oggi e in pochi minuti arrivo all’aeroporto. Pago 10 dollari d’immigrazione, le isole sono territorio ecuadoriano ma c’è un controllo per chi entra e chi esce, non si può star lì per più di un certo tempo. Dopo controllano i bagagli, non si può portare frutta né altre cose organiche. Finalmente arriva il check-in e quindi posso entrare nella sala delle partenze, i soliti controlli, poi approfitto del wi-fi per connettermi ad internet gratis e faccio due chiacchiere virtuali con Rudy, il tempo passa in fretta ed è già ora di salire sull’aereo. Sono uno degli ultimi e mi dicono che posso sedermi dove voglio, mi siedo vicino all’entrata. Poco prima di arrivare disinfestano l’aereo con uno spray, dicono che è permesso dall’organizzazione mondiale della sanità e quindi non dovrebbe farci male… chissà.
Le isole “incantate” distano circa mille chilometri a ovest del continente sud americano, in pieno oceano pacifico e il loro isolamento biologico ha dato vita a flora e fauna uniche al mondo.
Dopo un’ora e mezzo finalmente l’aereo atterra sull’isola Baltra, controllano il passaporto, pago i 100 dollari d’entrata al parco e vado per i bagagli, poco fuori c’è un omino con un cartello con due nomi scritti su. Uno dei due è il mio.
L’altro nome è di una ragazza di Guayaquil, Mabel, che fino al 25 ha il mio stesso “pacchetto”. L’aeroporto di Baltra è il più importante delle isole Galapagos, fu costruito dalla marina degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale per pattugliare il canale di Panama.
Ritirati
i bagagli saliamo su un autobus della compagnia aerea che ci porta al molo del canale di Itabaca, dove ci imbarchiamo per l’isola Santa Cruz. Dall’autobus, giù nel mare, vedo già la prima tartaruga marina che emerge e poi sparisce, e una volta arrivati al molo c’è il primo “lobo marino” (un’otaria) e su degli scogli poco lontano delle sule dai piedi blu.
Centocinquanta metri di mare calmo e cristallino separano la piccola isola di Baltra da Santa Cruz. Una volta a terra saliamo sul pick-up dell’omino che è venuto a prenderci per andare a Puerto Ayora. Quarantadue chilometri di strada, passando per la parte alta dell’isola, ricca di vegetazione.
Puerto Ayora è il maggior assembramento umano dell’arcipelago, dove c’è l’hotel che mi ospiterà per quattro notti, l’ultima notte la passero nell’isola di San Cristòbal. Arrivati alla cittadina, l’anfitriona, amministratrice e proprietaria dell’”hotel España” Esther, spiega il programma del pacchetto a me ed a Mabel, che diventerà per i prossimi tre giorni la mia compagna d’avventure e vicina di stanza.
Pranziamo poi andiamo a vedere il lungomare, alle tre in hotel ci viene a prendere un taxi che ci porta alla stazione scientifica Charles Darwin, seguiti in bicicletta da un vecchio che sarà la nostra guida. Oltre a delle nozioni e notizie sulle isole, il centro alleva tartarughe Galapagos per poi re introdurle nel loro habitat naturale. Rientriamo in hotel a piedi, che non è lontanissimo, fermandoci a vedere il piccolo mercato artigianale di souvenires e qualche negozio. È ora di cena, poi un altro giro per il lungomare a contemplare il mare e ammirare qualche animale. Verso le dieci andiamo, con altri ospiti dell'hotel ed Esther in un bar-discoteca, Bongo, le donne giocano a bigliardo, io bevo qualche birretta e mi guardo intorno.

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