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sabato 16 luglio 2022

Immersione sul relitto del Ducky Poo

Arrivati sul sito d'immersione e calata l'ancora, dobbiamo aspettare ancora dieci minuti per garantirci un'adeguata sosta di superficie di almeno un ora tra la prima e la seconda immersione. Fa caldo, il sole picchia forte, cominciamo a prepararci ed io gonfio il mio gav e lo butto in mare, mi allaccio la cintura di zavorra, infilo le pinne, metto la maschera e lo raggiungo in meno di un minuto, indosso il gav in acqua come faccio la maggior parte delle volte e sto un po' più fresco anche se l'acqua in superficie è calda, il computer segna 24 gradi ma sul gommone sono sicuramente più di trenta, mi faccio passare la macchina fotografica, gli altri non sono ancora pronti ma ormai un ora è passata, così chiedo se posso cominciare l'immersione da solo per poter ammirare e fare alcune foto al relitto senza nessuno intorno, la sua sagoma si percepisce già dalla superficie, la profondità del fondale è di diciotto metri, mi danno l'autorizzazione così sgonfio gav e polmoni e vado giù, mi fermo a circa tre metri dal relitto per poterlo ammirare in tutta la sua estensione. A dire il vero non si vede tutto ma dalla sabbia emergono solo l'ala sinistra col suo motore e l'elica con una pala ritta verso la superficie, un pezzo di trave che parte dall'ala, la carlinga, metà del motore di destra e in fondo le punte dei timoni di coda, però si riesce perfettamente a capire e immaginare che sotto la sabbia ci sia tutto l'aereo. Il sito in se è molto piccolo e forse dopo pochi minuti si potrebbe anche decidere di tornare su ma c'è un sacco di vita, dalle castagnole agli scorfanotti, saraghi, donzelle, bavose e tanti altri piccoli pesci ma la star è un grosso grongo che spunta dalla carlinga, esce e si nasconde sotto l'ala, riesce e si torna a imbucare nella carlinga, non ha timore e si lascia fotografare continuamente e sembra si metta in posa come una modella. Il tempo passa in fretta e invece di tornare su dopo pochi minuti riemergo dopo cinquanta giusti giusti e con due minuti di deco accumulati. Oltre l'immersione in se, come la maggior parte delle immersioni nei relitti, è la storia che c'è dietro che li rende ancora più intriganti e interessanti.
Il Ducky Poo, ovvero “Cacca di Papera”, era un P-38 F Lightning F4, ovvero, con un allestimento da ricognizione, nel muso aveva installate le macchine fotografiche al posto delle mitragliatrici. Il P-38 Lightning venne studiato e creato dalla Lockheed nel 1939, entrò in servizio nel 1941, fu l'unico caccia statunitense progettato per essere impiegato per tutta la durata della guerra e fu costruito in circa 10.000 esemplari. Innovativo e molto rivoluzionario, era un aeroplano bitrave, ovvero con le superfici di controllo della coda installate su due travi attaccate alle ali e non sulla fusoliera migliorando l'efficienza aerodinamica dei due motori a V Allison con turbocompressori, molto stabile grazie anche ai due motori che, girando in senso contrario, annullavano la tipica tendenza ad imbardare, tipica dei caccia ad elica monomotore. Per potenza di fuoco, velocità ed affidabilità si dimostrò uno dei più proficui investimenti militari americani. A luglio del 2000 a Cecina arrivarono tre americani, David Toomey e due subacquei esperti che incontrarono Dino e Sara del Diving Centro Sub con una richiesta bizzarra: Trovare il caccia da ricognizione che David Toomey pilotava durante la seconda guerra mondiale e che nel giugno 1944 durante una missione per fotografare in territorio nemico la riva destra dell'Arno partendo da Tarquinia fu colpito da una nuvola di proiettili sparati dall'artiglieria Tedesca che aveva occupato la zona di Cecina per proteggere la ritirata verso Nord. Il pilota fu ferito ma riusci a fare ammarare l'aereo che si appoggiò per qualche secondo sull'acqua e gli permise di saltare fuori dall'abitacolo prima di inabissarsi e così raggiungere la riva a nuoto, dove nei pressi incontrò i partigiani di Guardistallo che lo nascosero ai nazifascisti, fino al primo luglio, quando i carri alleati occuparono la zona e David riusci a tornare al suo battaglione.
Il proprietario del Diving senza veri e propri punti di riferimento disse che era come cercare un ago in un pagliaio e rifiutò i dollari offerti. I tre americani non si scoraggiarono e cercarono e trovarono chi li portò per mare e informò di sei possibili relitti, tutti tracciati con coordinate dalla Marina Italiana per aiutare i pescatori ad evitarli con le reti. Si era tuffato personalmente, di cinque di questi nessuno era un P-38 e l'ultimo non lo avevano trovato, i tre tornarono negli Stati Uniti un po' delusi. Alla fine del 2009 si presentò a Dino e Sara un giornalista che aveva scritto un articolo sulla storia di Toomey e del suo P-38. Ripropose loro di trovare l'aereo con la richiesta che veniva direttamente da David, oramai anziano. Immergendosi nei momenti liberi, perlustrando miglia di fondo marino nella zona presa in considerazione e con qualche “dritta” data dai pescatori locali, finalmente un giorno la mano di Dino toccò qualcosa che usciva dalla sabbia, era la parte superiore della coda poi un po' più avanti un ala con il motore e una pala dell'elica puntata verso il cielo e la carlinga. David Toomey fu informato e con le foto e i video riuscì ad identificare il suo Ducky Poo, quindi si congratulò e ringraziò Dino e Sara, avrebbe voluto recuperarlo e portarlo negli Stati Uniti ma morì poco tempo dopo a quasi novant'anni. Risaliti a bordo del gommone si ritorna al porto mentre Dino racconta qualche altro aneddoto, una volta ormeggiato scarichiamo tutto e lo ricarichiamo sulla vecchia Ape e quindi raggiungiamo il diving a piedi, mi tolgo la muta e smonto e lavo tutto, e una volta pagato, messo i timbri delle due immersioni sul Logbook, riposto tutto nel borsone e salutato Dino e Sara mi dirigo anche questo sabato al campeggio Bocca di Cecina e per fortuna arrivo poco prima delle due e posso entrare in macchina, dalle due alle quattro c'è il periodo di silenzio e le auto non possono circolare all'interno, ma sono le due meno cinque e mi fanno raggiungere la mia piazzola, la 303 come l'altra volta.

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