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mercoledì 14 aprile 2010

# Ranong, Ko Chang, Songkran e Victoria Point.

Questi ultimi quattro giorni, dopo che ho lasciato Phuket, sono stati forse quelli più avvincenti, interessanti, pieni. Con un autobus pubblico raggiungo Ranong, attraversando l'isola di Phuket che offre bei panorami e belle spiagge che forse avrebbero meritato una sosta. Poi però l'ambiente si fa più rigoglioso, più verde, più tropicale. Finalmente mi accorgo di stare tra i tropici, come quando attraversavo l'Ecuador o il Perù per andare verso la foresta amazzonica o in Chiapas e Guatemala per andar a visitare le rovine Maya tra la selva Lacandona. L'autobus ha l'aria condizionata ma quando si ferma e scendiamo per pranzare si sente che l'aria è più umida, più afosa, più pesante.
Ranong è una città di frontiera, con quella strana aria che a me piace tanto, trascurata, trasandata, decadente. A Ranong ci sono molti Birmani, molte donne hanno il viso truccato di giallo, talco, le più giovani un velo sottile, quelle più mature invece hanno segni più marcati sulle guance, tanti uomini usano, al posto dei pantaloni, il sarong tipico e vanno scalzi.
Il mercato è tipico di una cittadina tropicale, con tantissima frutta e verdura di ogni dimensione, mosche e scarafaggi, pavimento in cemento polveroso e a tratti bagnato e fangoso. Esseri umani messi lì ad aspettare qualcosa che chissà se verrà. Anche questo mi ricorda Iquitos, Amazzonia.
Dal Pier (il molo), che raggiungo con un lento (lentissimo) Sorng-tăa-ou (azzurro n°6), mi imbarco su una Long Tail Boat alla volta della piccola isola di Ko Chang, che raggiungo in circa tre ore.
Il viaggio è per un tratto sull'estuario del fiume chang, dalle acque torbide e sporche, poi sul mar delle Andamane. Un tragitto piacevole tra isolette e alberi allagati, poi il mare si fa via via più color smeraldo e la barca raggiunge l'isola. Si ferma nelle varie baie, dove ci sono dei bungalows, a lasciare della merce e dei turisti. Tra queste baie il motore collassa, dopo mezz'ora arriva a nuoto il meccanico, credo l'unico dell'isola, e dopo un'altra mezz'ora, con il meccanico ormai fradicio di sudore e non d'acqua di mare, il motore ritorna a sputare fumo nero e far casino. Mi aspettavo di arrivare in un villaggio, magari piccolo, ma un villaggio, invece anche l'ultima fermata è su una spiaggia con alcuni bungalows, mi sistemo in uno di questi, non c'è la corrente, il complesso di casettina sparse su una collinetta ha anche un ristorante.

La spiaggia e un sentiero sulla collina tra piante di caucciù, con la corteccia incisa e una ciotola che raccoglie la gomma. Gli alberi sono tutti ben allineati, non come in Amazzonia, nati spontaneamente tra la selva nella moltitudine di altre piante. Non c'è null'altro a parte la carcassa di un motorino che chissà com'è arrivata qua!
Pranzo, cena e qualche birra “Chang” al ristorante, un bagnetto in mare, un po' di lettura sull'amaca, una passeggiata tra gli alberi di caucciù, una grattatina alle punture di zanzara. Quando fa buio sto un po' nel ristorante con vecchi turisti tedeschi frikettoni poi una candela mi fa compagnia nel mio bungalow insieme al libro sull'Africa che sto leggendo. La mattina mi sposto pigro, dopo colazione, dal letto sotto la zanzariera all'amaca sulla veranda. All'una e mezzo salgo sulla barca per far ritorno a Ranong.
Il 13 aprile però cade il capodanno Thailandese e non lo sapevo. Per le strade c'era il delirio, dalle case, dai negozi e dai pick-up colmi di bambini, ragazzi e cisterne, la gente lanciava acqua, gavettoni. Sono arrivato in hotel completamente fradicio e pieno di borotalco, ho dovuto vuotare gli zaini e mettere tutto ad asciugare, per fortuna che con il caldo che c'è la roba è già asciutta e gli zaini quasi. Computer e macchina fotografica salvi!
Le celebrazioni dello Songkran durano tre giorni. La tradizione prevede che la gente scenda in strada e si prenda a secchiate d'acqua, simboleggiando la cacciata della cattiva sorte. Assieme all'acqua viene lanciato anche del borotalco. La festività ha derivazione sanscrita e indica l'ingresso del sole in tutti i segni zodiacali.
In particolare fa riferimento all'entrata del sole nel primo segno dello Zodiaco dell'anno. I festeggiamenti coinvolgono anche Myanmar, Cambogia e Laos. Al mattino si può assistere in tutto il paese alla processione di adulti e bambini al tempio del villaggio o del quartiere per fare le offerte ai monaci. I giovani mostrano rispetto verso le persone più anziane e i propri cari versando acqua profumata nei palmi delle loro mani e poi li aiutano ad asciugarsi. I gesti tradizionali si sono fusi con il tempo con il nuovo modo di festeggiare. La cerimonia dell'acqua e' diventata un augurio che le persone si fanno l'un l'altro, anche senza conoscersi, ed è estesa a qualunque passante, che è subito bagnato in segno di buon augurio.
Il giorno seguente, sempre col solito pick-up azzurro n°6 vado al molo per il Myanmar, devo rinnovare il visto, per fortuna oggi c'è meno gente in giro che fa gavettoni e mi prendo solo qualche schizzo, ma il passaporto e la macchina fotografica sono comunque al sicuro dentro una busta di plastica ben chiusa. Raggiunto il molo vado ad espletare le formalità per uscire dalla Thailandia, poi cerco la barca per andare a “Ko Song” (in Thailandese) detta anche “Kawthoung” (in Birmano), ma meglio conosciuta come “Victoria Point”, come la chiamavano gli Inglesi colonizatori. C'è un tipo francese che vive da queste parti da tanto tempo e mi aiuta a non farmi fregare, praticamente raggruppa altre tre persone e paghiamo 100 Bath a testa (in cinque) contro i 400 che avevano chiesto solo a me! Il molo è molto trafficato, nei dintorni ci sono alcuni templi e parecchia gente fa pellegrinaggio per via del Songkran. Il viaggio lungo il fiume Chang è molto suggestivo. Ci sono due check-point sul fiume, uno Thai e uno Birmano, in quest'ultimo un ufficiale, mentre un altro controlla i passaporti, ci fa gli auguri di buon anno versandoci dell'acqua sulla schiena. Arrivati a Kawthoung dei ragazzini cercano di venderci di tutto, sigarette, whisky, viagra. Risolviamo le formalità d'ingresso e immediata uscita. Il permesso per un giorno costa 10 dollari ma non si può andare da nessun'altra parte in Myanmar, si potrebbe fare un giro per la cittadina e per i templi che si vedono nelle vicinanze, ma poi dovrei pagare altri 200 Bath, se mi va bene, per rientrare a Ranong visto che gli altri tornano subito in Thailandia, io li seguo! All'ufficio immigrazione Thailandese mi danno altri 15 giorni di permesso, così fino al 28 aprile sono in regola.
Ritorno in città col solito mezzo azzurro n°6 scassato, ma stavolta scendo alla stazione degli autobus per chiedere gli orari degli autobus che vanno a Chumphon e ritorno in hotel a piedi.
Mi riposo un'oretta poi esco per cenare e fare una passeggiata, mi fermo un po' in un parco a guardare dei ragazzi che si allenano a fare la break dance, poi arrivo in un punto dove c'è un tempio e tanta gente che mangia in un campo con bancarelle e musica stile festa dell'unità. In hotel rifaccio gli zaini per partire alla volta di Ko Tao.

gigipeis

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